Giannini e Giordano: «La nostra vita»

Corriere dello Sport (G.D’Ubaldo-R.Maida-F.Patania-D.Rindone) – l derby di oggi, i derby del passato giocati da protagonisti, anche sfidandosi. Giannini e Giordano ci hanno accompagnato nella galleria dei loro ricordi. Roma, Lazio e non solo…

Quali sono stati gli allenatori che vi hanno dato di più da giocatori e qual è il messaggio che avete conservato?
GIANNINI: Cito Liedholm, Mazzone ed Eriksson. Sven stava già avanti per l’epoca e il secondo anno ci fece quasi vincere lo scudetto. Di Mazzone ricordo la carica e l’umanità. Quanto a Liedholm, beh, la serenità e il divertimento che provavamo nel lavorare con lui sono indescrivibili. Quando ero giovane ricordo che Scarnecchia, grande corridore, non sapeva mettere un cross in mezzo. A forza di lavorare con Liedholm è diventato uno dei migliori nella specialità. Ma l’aneddoto più divertente è stato il suo ritorno dopo un esonero: ci riunì nella palestra di Trigoria e disse “avete visto che senza di me non ci sapete stare?”. Un grande, mi spiace che la sua morte sia passata un po’ inosservata in ambito mediatico.
GIORDANO: A proposito di tecnica… Ho vissuto sulla pelle l’epopea di Marado- na. Lui, il venerdì, batteva i calci piazzati e parliamo di uno che poteva andare a far- si la doccia dopo ogni alle- namento. Madre natura può donarti il talento, ma devi al- lenarlo. Io di grandi allena- tori, nella Lazio, ne ho avu- ti per poco tempo. Porto nel cuore gure come Maestrel- li, Carosi e Bob Lovati. A li- vello tecnico-tattico ricor- do Vinicio, è stato qualco- sa di più. Mi ha insegnato tanto. Faceva la zona totale a Napoli nel 1974, la zona col pressing. A Roma por- tò due vecchie glorie come Clerici e Boccolini. In quel- la Lazio c’erano anche D’A- mico, Agostinelli, Cordova, arrivammo quinti.

Ci raccontate il vostro derby più bello?
GIANNINI: Ho segnato due gol in due derby finiti 1-1. Ma quello indimenticabile resta il 3-0 con Mazzone, contro Zeman. Finì con me portato in trionfo sotto la Sud. Fu decisivo Carletto, che non fece un discorso durante la settimana. Appese soltanto, prima della partita, la vostra pagina che evidenziava, giocatore per giocatore, la superiorità della Lazio. Mazzone ci guardò e ringhiò “aho, avete visto che scrivono? Andate e fateje vede’ se è vero” (spassosa la sua imitazione di Mazzone, ndr). Non fu necessario aggiungere altro.
GIORDANO: Per me il secondo che ho giocato. Dominò la Roma, Pulici parò tutto, poi segnai dalla linea di fondo, tre giorni dopo però morì Maestrelli. Il primo derby lo passai a rincorrere Francesco Rocca su ordine dell’allenatore Corsini, tanto andava piano (risata, ndr). Me la cavai. Quando avevo io la palla andavo centralmente così in ripartenza lui trovava confusione.

E il peggiore?
GIANNINI: Quello del 1994 in cui sbagliai il rigore che si era procurato un giovanissimo Totti. Perdemmo 1-0 e Sensi fece alcune dichiarazioni polemiche, crearono grandi tensioni.
GIORDANO: Quello perso 2-0 nel 1983, sbagliai il rigore. Poi è capitato anche a Mihajlovic e Floccari. La Roma era stellare, presi an- che un palo. Erano superiori, ogni volta che ripartivano facevano paura.

Un giocatore romanista e un giocatore laziale come vivono il derby?
GIANNINI: Io non uscivo di casa dalla settimana prima, niente negozi né ristoranti. C’era troppa tensione, adesso è diverso, vedo che i giocatori sono più liberi anche perché i tifosi sono più controllati.
GIORDANO: Quando perdemmo il derby di Coppa Italia del 1984 nei giorni dopo vennero a tirarci certi sassi… Carosi guidava il gruppo, gli dissi “mister fermiamoci”. Rispose “no, altrimenti è peggio”.

Prima del derby del 1984 la Lazio sembrò un po’ troppo strafottente, eravate certi di vincere?
GIANNINI: Erano troppo sicuri….
GIORDANO: Il pareggio andava bene a tutti e due. Ma io dissi “fatichiamo a vincere i derby, gli mancano 2-3 forti, proviamoci”. Segnarono Di Carlo e Iorio, che legnate il martedì… Oggi è diverso. Il tifoso vive il derby solo la domenica, prima lo faceva per tutta la settimana, tramite i club e durante gli allenamenti vedevi gli spalti pieni.

Qual è la partita che vorreste rigiocare?
GIANNINI: Sicuramente Roma-Lecce del 1986, durante la settimana sembrava avessimo già vinto lo scudetto con manifesti e bandiere in giro per la città. Per me però lo perdemmo la settimana prima a Pisa, dopo aver battuto gli avversari 4-2: eravamo scarichi e sazi. Graziani festeggiò così tanto sotto la Curva dei nostri tifosi da tornare nello spogliatoio quando noi avevamo già nito la doccia.
GIORDANO: Io Napoli-Milan, quella del sorpasso scudetto dei rossoneri. Non vorrei rigiocarla, vorrei giocarla tutta, iniziai in pan- china con Carnevale. Bianchi scelse Careca e Maradona, solo due punte anziché le solite tre. Perché? Non lo so. (Giannini intanto ride perché nel 1991-92 con Ottavio Bianchi ebbe molti problemi fino a perdere la fascia di capitano). Mise Bagni numero 9, forse l’aveva visto più in forma. Quella partita avrebbe potuto dare il secondo scudetto al Napoli. Sul 3-2 per loro ricordo un’ultima azione, eravamo lanciati in porta, Baresi alzò il braccio in segno di fuorigioco. Rigiocherei anche il derby del rigore sbagliato.

Quanto dispiacere avete provato nel lasciare Roma e Lazio?
GIANNINI: Moltissimo, ma nel 1996 ero in scadenza di contratto e in quel momento i rapporti con Sensi si erano deteriorati.
GIORDANO: Quando nel 1985 ho giocato Lazio-Juve, finita 3-3, era l’ultima partita da laziale e lo sapevo, ero già del Napoli, trovai l’accordo a 3-4 gare dalla fine. Chinaglia mi aveva detto che non c’erano possibilità economiche e mi voleva vendere ai lupacchiotti. In quegli anni, durante la squalifica per il calcioscommesse, l’ingegnere Viola fu molto vicino a me e Manfredonia. Perché? Andavamo a casa sua, ai Parioli, non so come nacque quel rapporto. Nel 1985 tornò alla carica, aveva chiuso con Chinaglia. Io dissi no, del resto ero già d’accordo con Allodi e il Napoli. Dissi “non vado alla Roma”. E’ questa la verità. L’anno prima, invece, dovevo andare alla Juve, poi sono rimasto.

A Giannini è mai capitato di essere vicino alla Lazio? Magari da ragazzo?
GIANNINI: No, mai. Invece sono stato vicino al Milan da ragazzino. E alla Fiorentina prima di lasciare la Roma. Non mi sentii di giocare con un’altra squadra italiana.
GIORDANO: In realtà ci sperava (risata).

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