La crisi parallela di Roma e Lazio, il calcio vissuto nella capitale in maniera assoluta, e il distacco definitivo dai tifosi

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Repubblica.it (F.Bocca) – Roma e Lazio vivono una crisi parallela, diversa nelle forme e nella sostanza, ma contemporanea. Più lacerante quella della Roma, perché il romanista è drammatizzatore, e soprattutto assoluto e definitivo. Più silenziosa e distaccata quella della Lazio, forse perché il laziale è abituato storicamente a certe traversie, o forse anche perché con questa società non ha mai avuto un bel rapporto, neanche nel momento delle vittorie. Roma e Lazio sono due squadre che vincono storicamente molto poco, eppure tutti chiedono loro molto, moltissimo: soprattutto vittorie e grandi giocatori. Roma è quasi sempre un circo di illusioni, e di chiacchiere. Un posto dove il calcio si vive in maniera assai più coinvolgente di Milano o Torino, più simile a Napoli forse, ma assai più fumoso e soprattutto assai meno redditizio. Roma è il centro del mondo – vabbé si fa per dire – , i suoi tifosi pensano che conseguentemente anche il calcio lo debba essere.

Lo stesso abbandono dello stadio, ormai praticato da entrambe le tifoserie, è una forma di protesta totale, assoluta. Non è una decisione singola a non andare a vedere la Roma e Lazio, a non spendere dei soldi per l’abbonamento, ma una decisione collettiva e molto ben organizzata. In qualche maniera assoluta a sua volta, perché determina una separazione che può essere definitiva: basta non vengo più a vederti, non ti sarò più vicino. Le Tv ormai nemmeno più inquadrano la desolazione dello stadio. Qualcosa di molto vicino all’addio. Qualcosa che scatena una reazione a catena al ribasso e non al rialzo, una rottura totale. Una reazione uguale e contraria ai sogni che i tifosi coltivano.

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