Il Messaggero – Tutto in una notte

Quindi anche per la Roma, nonostante sia staccata dai rivali di 18 punti: il terzo posto è ancora possibile e certamente non bisogna considerarlo obiettivo di consolazione. Non ci sarebbe niente di strano a ritrovarle insieme nella prossima edizione della Champions: il ritorno per i bianconeri è sicuro, per i giallorossi ancora lontano.

Rimane quel sapore antico di match per lo scudetto. Come accadde il 10 maggio dell’81, il pomeriggio del gol regolare annullato a Turone: finì 0 a 0 e il tricolore se lo cucì sul petto la Juve. Venti anni dopo, nella notte del 6 maggio del 2001, proteste bianconere per il cambio in corsa della norma sugli extracomunitari, presa due giorni prima della gara che favorì nella circostanza i giallorossi: nuovo pareggio, 2 a 2, decisivo Nakata, proprio uno degli stranieri in più che Capello riuscì a utilizzare in extremis, e titolo vinto dalla Roma.

Duelli che sembrano di altri tempi. Per i veleni che oggi non ci sono più. Nè quelli ricchi di elegante ironia tra Boniperti e Viola, nè gli altri pieni di ferocia tra Moggi e Baldini. Adesso le due società collaborano sul mercato, basta pensare alla cessione di Vucinic in estate e al prestito di Borriello in inverno, quindi due giallorossi vestiti di bianconero. Di sicuro non sono in guerra nella palazzina della Lega. E addirittura parlano la stessa lingua sullo stadio di proprietà, con il consorzio statunitense che, dopo la visita del presidente DiBenedetto allo Juventus stadium lo scorso 24 gennaio, ha conferito il mandato di advisor esclusivo, per l’individuazione di un’area, a Cushman & Wakefield: non è un caso che la società di consulenza immobiliare globale sia al 71 per cento della Exor, controllata dalla famiglia Agnelli. L’impianto bianconero considerato stadio perfetto anche dai dirigenti giallorossi: sempre esaurito, stasera per la diciannovesima volta in quest’annata, fa lievitare i punti in classifica e gli introiti commerciali.

Lo scontro, dunque, è solo in campo. Più che tra Totti e Del Piero, visto che il secondo partirà dalla panchina, tra due tecnici che sono anche il riferimento delle loro società. Emergenti almeno quanto i dirigenti, hanno il contratto che scade nel 2013, ma l’intenzione della Juve e della Roma è di aprire un ciclo con Conte e Luis Enrique: il primo prolungherà presto, il secondo deciderà a fine stagione. Primo anno per tutt’e due con questi club, hanno intrapreso un percorso diverso. Vincente per la regolarità il bianconero, altalenante per la discontinuità il giallorosso.

Anche tatticamente sono profondamente diversi e fino all’ultimo si stanno macerando sulle scelte da fare. Conte, nell’ultima seduta, potrebbe essere tornato al 3-5-2 che gli permise di eliminare il collega dalla Coppa Italia, nel turno secco dei quarti, con il 3 a 0 che non è andato giù a Luis Enrique. Che stasera vuole prendersi la rivincita perché non considera la sua squadra così distante da quella del rivale. Nel gioco e nei singoli. La differenza vera è nelle reti subite: 18 contro 42. Perché spesso l’equilibrio è mancato alla Roma capace di segnare 52 gol, solo uno in meno dei bianconeri che ne hanno fatti 53: troppe 12 sconfitte e pochi 5 pareggi. Ma l’impronta dell’asturiano è di chi si vuole giocare sempre e comunque la partita. Anche rischiando di perderla.

Nel possesso palla i giallorossi sono i più bravi della serie A. Anche migliori della Juve prima in classifica. E con il tiqui-taca Luis Enrique si giocherà anche la partita più complicata contro una formazione che non ha mai perso. In uno stadio in cui, come sanno bene a Trigoria, ha vinto solo la Roma Primavera di Alberto De Rossi, presente a bordo campo nell’allenamento della vigilia. Recuperando Borini, inserito tra i 20 convocati. Così come Conte ha fatto con Quagliarella: pure lui, alla fine, ha trovato posto nella lista.

Il Messaggero – Ugo Trani 

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