Corriere della Sera – La Roma si spegne subito. E la Juve accende il sogno

Una partita breve, un lungo (nel senso di atteso da tanto tempo) sogno. I tifosi della Juventus distribuiscono un volantino che inneggia all’unità di intenti e chiede a tutti di “evitare e contrastare cori razzisti e beceri che, vista la diffida del nostro campo, potrebbero solo danneggiarci in questo delicato e fondamentale finale di stagione”. Qui si fa la storia, quella post-Apocalisse 2006.

C’è il sentimento della rinascita, dell’inatteso che diventa avvenimento. Non si può rovinare tutto da dentro. Perché a questo punto l’unico nemico della Juve può essere solo la Juve. Non si capisce chi possa fermarla. La Roma è stata definita l’ultimo vero ostacolo sulla strada dello scudetto. Come classifica e potenzialità, certo, come memorie dell’andata anche, quando fu quella, tra le cosiddette squadre di prima fascia (insieme con il Napoli) a mettere più in difficoltà Madama.

Nei fatti la squadra di Luis Enrique che, forse, dopo l’uno-due micidiale di Vidal dovrebbe apportare qualche miglioria, si sgretola in otto minuti e scompare dopo trenta, quando rimane in dieci e subisce il terzo gol (seguente al secondo rigore stagionale per i bianconeri). La Juventus uscita dalle notti, nebbie e nevi di gennaio-febbraio viaggia con un ritmo e a una convinzione che nessuno può eguagliare, in questo momento.

Ai balbettii del Milan, risponde aggredendo ogni partita, “mangiando l’erba” come aveva intimato Antonio Conte a inizio avventura, quando nessuno, a parte lui, l’allenatore salentino, credeva di poter arrivare qua, a meno cinque dalla fine a 71 punti, a più tre sulla seconda, con la quale ha anche favorevoli gli scontri diretti e quindi si può permettere di perdere una partita. La Roma, nella letteratura di questi giorni, doveva essere la squadra più difficile per i nomi in tabellino e per la rilevanza degli obbiettivi (l’ancora possibile zona Champions League). Invece la partita non si accende neanche, non ne ha il tempo.

Vucinic entra prepotentemente in tutti i gol della Juventus. Nel primo innesca De Ceglie per l’assist a Vidal, nel secondo direttamente il cileno (proteste De Rossi per un contatto con Quagliarella), poi lancia Marchisio oltre la difesa per il fallo da rigore che costa l’espulsione a Stekelenburg: il contatto è netto,ma forse Marchisio non avrebbe più raggiunto il pallone. Rigore sì, forse ammonizione. Pirlo si fa parare il tiro da Curci ma ribadisce in rete. Infine il montenegrino tocca il pallone per il destro “a giro” di Marchisio a inizio secondo tempo. Già la partita era defunta, qua viene definitivamente tumulata. Numeri: 34 partite senza sconfitte (più 4 di Coppa Italia), 19 vittorie in campionato (contro 13 insuccessi romanisti), 6 consecutive. Il resto è attesa del fischio finale e peccato che Lichtsteiner voglia infierire facendo il “4″ a Lamela e che questo risponda con uno sputo, lasciando uno strascico di probabili punizioni a una Roma che non ne sentiva certo l’esigenza. Il popolo fa festa anche perché entra Alexc’è solo un capitano” Del Piero. Però non trova Francesco Totti e salta l’ultima sfida annunciata. E comunque l’arrembante Juve di Conte, che annichilisce ogni avversario, l’aveva già consegnata agli archivi. La nuova Juventus ha fame di cose nuove, anzi antiche. Come lo scudetto.

Corriere della Sera – Roberto Perrone

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