Corriere dello Sport – “Cara Roma, papà ti regalerà la felicità”

«Li vedo un po’ appesantiti, ma spero di farvi contenti». Così Zeman ai sempre più numerosi tifosi romanisti incontrati ieri, fuori dal centro sportivo di Riscone, al termine dell’allenamento mattutino. Ma a casa Zeman, di allenatore, non c’è solo Zdenek.

Anche Karel, il figlio di 35 anni, ha scelto il mestiere del papà. Lo incontriamo nel nostro stesso albergo. Ha appena conseguito il patentino di tecnico di seconda categoria, seguendo il corso con Inzaghi jr., Giovanni Tedesco, Giampaolo Saurini, Eddy Baggio, Riccardo Maspero e Daniele Franceschini. L’occasione è buona per parlare un quarto d’ora del ritorno di Zeman padre sulla panchina della Roma: sensazioni, emozioni, voglia, programmi. Tutto, insomma. Per capire, o almeno per saperne di più. Karel Zeman è arrivato a Riscone venerdì sera, con la fidanzata. Resterà nei pressi del ritiro giallorosso fino a sabato. Anche lui ha bisogno di capire, o almeno di saperne di più. Perché dopo le prime esperienze, dalle giovanili di Viterbese e Pisoniano all’Eccellenza pugliese con Manfredonia e Maglie, lo aspetta la Lega Pro, un anno di contratto con il Fano, dove era arrivato nella parte finale della stagione scorsa. Anche lui ha bisogno e voglia di crescere. Ma oggi si parla soprattutto di Roma: della Roma del papà.

Di fronte a Karel Zeman figlio di Zdenek, entriamo subito nel vivo: tornare alla Roma per suo padre è stata la gioia più grande di sempre?
«Doveva essere così, a bocce ferme avrei risposto sì. In realtà la nuova possibilità di allenare la Roma gli ha procurato un conflitto di sentimenti, tra gioia e dolore, perché è arrivata dopo la promozione del Pescara. Dire addio a una piazza in cui si è trovato benissimo e dove ha trovato tifosi che lo hanno accolto alla grande è stato difficile, soprattutto dopo la gioia della promozione».

Però lo ha detto anche lui, «sapevo che sarei tornato, avevo lasciato il lavoro a metà…».
«Vero, e infatti si portava dietro un dispiacere da tredici anni. Quello di non essere riuscito a far festeggiare i tifosi giallorossi. Lo sentiva quasi come un peso. Nel 2001 era felice per la vittoria dello scudetto, ma allo stesso tempo provava un pizzico di invidia nei confronti di Capello. Soprattutto perché lui non era riuscito a fare altrettanto».
Le sensazioni che ha comunicato a voi di famiglia? Come parte per la nuova avventura?
«Vuole dare tutto, è pronto a fare del suo meglio. Non si è mai risparmiato, nenache in piazze molto meno esigenti di quella romana. Penso che per vincere non ci dormirà la notte. Ma ora non cominciamo a dire che arriva a Trigoria alle sette di mattina come Luis Enrique…».
Secondo lei suo padre in carriera ha avuto tutto ciò che meritava?
«Fino all’anno scorso avrei detto di no, non aveva ottenuto molto. Ma adesso tra la splendida promozione del Pescara e la nuova chiamata della Roma ho cambiato opinione: ha ottenuto un grande premio, il giusto premio».
Una domanda dobbiamo fargliela su Totti. Le ha detto per caso dove lo farà giocare?
«Credo che dipenderà molto dalle condizioni fisiche che accompagneranno il capitano e dal suo grado di salute. Se riuscirà a fare tutto o quasi con continuità avrà la possibilità di giocare sia da esterno che da centravanti. Altrimenti sarà impiegato solo al centro».
Altri nomi di giocatori che suo padre ha a disposizione: si dice che Bojan e Lamela siano i giocatori adatti al 4-3-3 di Zeman, che ne pensa?
«Bojan viene da una scuola di calcio diversa e punta molto la porta, è abituato da sempre a farlo e potrà trovarsi bene. Lamela invece mi sembra orientato a partire più defilato: se imparerà i movimenti giusti, tagliando di più verso la porta potrà diventare devastante».
Da Pescara, durante la scorsa stagione, le voci che arrivavano parlavano di uno Zeman cambiato, anche dal punto di vista tattico. E vero che ora cura di più la fase difensiva?
«In assoluto non è vero. Infatti anche a Pescara ha usato la stessa tattica di sempre. Tranne che per le ultime dieci partite, in cui ha deciso di far scendere solo un esterno di difesa alla volta, o il destro o il sinistro. Forse voleva farli sentire un po’ più sicuri per provare a vincere le ultime dieci di campionato. E così è stato. Ma vi assicuro che il suo modello di gol più bello è quello che si è visto proprio a Pescara, con i due esterni che sono scesi insieme, cross da una parte di Zanon e gol dall’altra di Balzano. A Roma si vedrà sempre lo stesso gioco di Zeman».
Solito gioco, d’accordo. Ma allora anche solito rischio di poter essere in vantaggio per 3-0 e perdere per 4-3…
«No, perché dipende dalla paura che hanno i giocatori dopo il possibile gol dell’1-3. Se si mettono tutti dietro, impauriti, si può perdere. Ma se continuano a giocare come quando si è arrivati in vantaggio di tre gol può finire anche 7-0».
Passiamo alla preparazione. Si parla di metodi faticosi, per suo padre sono sciocchezze. Per lei?
«I giocatori vanno abituati a lavorare. C’è stato qualcuno che ha faticato o si è lamentato: non oso immaginare questi stessi giocatori cosa faranno da domani (oggi, ndr), quando comiceranno le serie da mille metri. Quante? Di solito erano undici al giorno, ma negli anni qualcuno l’ha abbonato».
Chiudiamo con la sua carriera di allenatore. Come va? Tale padre tale figlio?
«La mia carriera ha avuto una svolta l’anno scorso, con il corso di allenatore di seconda categoria a Coverciano, in compagnia di Maspero, Eddy Baggio, Franceschini. Sono stato chiamato a Fano, in Lega Pro, seconda divisione, nelle ultime otto giornate. Non avevamo bisogno di punti: abbiamo ottenuto quattro vittorie, un pareggio e tre sconfitte».
Sente il peso del suo cognome?
«Non c’è tanta differenza rispetto agli altri colleghi. La vera diversità è l’attenzione mediatica che c’è nei miei confronti. Comunque sono già pronto a ripartire per la nuova stagione».
E Zeman padre interferisce nel lavoro di Zeman figlio?
«E’ venuto a vedermi lavorare per una settimana, ha detto che gli piacciono i miei metodi. In generale però non entriamo mai troppo nei dettagli: io non chiedo, tanto so che lui non risponderebbe. Non mi dice mai più di tanto, ha rispetto del mio lavoro, vuole che cammini con i miei piedi».
Vediamo se ci stupisce: il suo modulo preferito? Il sorriso non preannuncia sorprese.
«Quello che conosco meglio…».
Corriere dello Sport – Alberto Ghiacci

 

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