Infaticabile Pestrin, il mediano schivo che detestava le luci della ribalta

La Repubblica (M.Ercole) – Avete presente “La vita da mediano” raccontata nella celebre canzone di Luciano Ligabue. Ecco, se il cantautore italiano fosse nato qualche decennio prima, e a Roma anziché a Correggio, probabilmente la sua musa ispiratrice non sarebbe stato Lele Oriali, ma Paolo Pestrin. Sul campo centrocampista di polmoni, carattere e sacrificio, fuori un tipo introverso, taciturno, poco avvezzo a interviste e riflettori. Non gli interessava avere spinte mediatiche, anche se queste magari gli avrebbero potuto garantire qualche meritata (ma mai arrivata) convocazione nella nazionale maggiore. Una volta addirittura lo chiese direttamente ai giornalisti: «Per favore, parlate meno possibile di me». Preferiva di gran lunga svolgere il suo lavoro all’interno del rettangolo verde, mettendo le sue qualità a disposizione dei compagni.

Con la maglia della Roma lo ha fatto dal 1956 al 1963, certamente uno dei protagonisti principali della prima parte di decade 1957-1967, quando ha collezionato 195 presenze e 17 reti in Serie A. Aveva il vizio del gol, Pestrin, la maggior parte delle volte sfruttando il suo bolide da fuori area. Ed è proprio così, con la specialità della casa, che ha regalato alla Roma la vittoria del suo primo e unico trofeo europeo, la Coppa delle Fiere del 1961, antenata dell’attuale Europa League pur non essendo riconosciuta dall’Uefa, in finale con il Birmingham City: all’andata in Inghilterra finisce 2-2, doppietta neanche a dirlo di Pedro “Piedone” Manfredini, stella argentina ancora oggi quinto marcatore di sempre della storia del club con 104 reti in partite ufficiali. Al ritorno allo Stadio Olimpico, però, ci ha pensato Pestrin, il mediano con il numero 4, a siglare al 90’ il gol del definitivo 2-0 per la Roma (prima c’era stata l’autorete di Farmers).Un trofeo che ha segnato di fatto la rinascita del club, fino a pochi anni prima in costante lotta per non retrocedere.

Sicuramente il punto più alto del decennio, anche perché successivamente sono ricominciati i problemi, principalmente legati ad acquisti sbagliati sfociati in una pericolosa crisi finanziaria: in particolare, il mezzo miliardo di lire (un’enormità per l’epoca, circa 5 milioni di euro attuali) speso per portare in giallorosso il giovane brasiliano Angelo Benedicto Sormani dal Mantova. Acquisti che andavano ben oltre le reali possibilità della società e che alla fine hanno portato, nel 1967, alla trasformazione in una Spa. Nonostante tutto, è proprio in questi anni — nel 1964 per la precisione — che è arrivata anche la prima vittoria della Coppa Italia, griffata da una meteora giallorossa, Bruno Nicolè, nel replay della finale di coppa contro il Torino, dopo lo 0-0 della prima partita. Ad alzare la coppa ci ha pensato ovviamente capitan Losi, altra leggenda romanista che sfiderà il tempo. Solo Totti (786) e De Rossi (561) sono riusciti a mettere insieme più presenze di lui (455) in giallorosso.

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