Il valore del gioco

Corriere della Sera (P. Di Caro) – Non servono scuse ma rimedi. La batosta del derby fa male, per come è arrivata, per l’assenza di reazione, secondo alcuni anche per il silenzio del dopo partita: dai vertici della società nessuno ha leccato le ferite dei tifosi, con frustate a chi era in campo o promesse di riscatto. Ma non è questo che conta. Nessuno ha tolto la gamba, si è mostrato disinteressato, ha avuto comportamenti poco professionali, ha sottovalutato l’avversario.

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La «colpa» è quella di aver perso, molto male, una gara importante per la classifica e ancor di più per la tifoseria. Ma non è la prima volta che la Roma perde male, venendo sovrastata. E allora è su questo che bisognerebbe concentrarsi. I «black out», nel calcio, non significano nulla.

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Se si gioca solo a fasi o a partite alterne, è perché manca qualcosa. Che non può essere l’esperienza – la Roma è una squadra composta di giocatori di tutte le fasce d’età, nessuno giovanissimo peraltro -, oppure la panchina, visto che in questo caso quella degli avversari non era più nobile della nostra. Inutile anche solo parlare di «ambiente», per qualche battuta infelice di un opinionista-tifoso doc esaltato o demonizzato a seconda del risultato.

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La domanda è una: la Roma ha un gioco all’altezza dei suoi valori? Perché va bene non esaltare troppo i giocatori ma non va buttato il bambino con l’acqua sporca. La Roma ha gli stessi punti (sul campo) della poco soddisfacente stagione scorsa. Perché? È l’unica risposta che società, mister e giocatori devono dare a chi la ama.

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