Il magico Kolarov e «la sindrome da redenzione»

Corriere della Sera – Vado pazzo per Kolarov. Lo so, siamo in tanti. Ma io di più. Il suo passato da laziale non mi disturba, anzi mi esalta. La chiamerò «sindrome da redenzione». È il bounty killer che riscatta «l’equivoco», il passaggio buio della sua esistenza, per passare dalla parte dei giusti portando con sé tutto il suo arsenale lucidato da anni di macho calcio inglese, unito al talento di sapere come si pianta un chiodo nel cuore nemico. Averlo in squadra e credere di farcela è la stessa cosa. In meno di due mesi ha zittito le cocorite dell’odio, «quelli che non dimenticano» in nome del passato, saturando il presente di cose romaniste. Il piatto diabolico sotto la cintura di castità degli atalantini, l’invenzione rabbiosa e ribelle a Londra, quando il mondo lupo sprofondava nella depressione dello 0-2. Uno e bino. Si assiste da solo e spara. A Torino, match bloccato, non ha pazienza, né strategia, né tempo: basta e avanza la botta di sinistro in faccia a Sinisa.

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