Il baby di Rino com’è lontano dal triste Schick

Il Giornale (F.Ordine) – Per diventare il beniamino della curva e l’emblema del nuovissimo Milan di Gattuso non basta avere l’età di Patrick Cutrone. C’è bisogno di molto altro. Perché gigantesche sono le aspettative nei confronti di chi incarna il ruolo che fu di Shevchenko e di Inzaghi, per citare gli ultimi eroi. C’è bisogno anche dell’istinto da killer sotto porta e della fortuna di disporre di una musa, spagnola, chiamata Suso. Già perché Pungiglione, come lo chiamano anche a Milanello, ha nei piedi quel tocco morbido e velenoso che può imprimere al pallone traiettorie impensabili e maliziose. Così accadde nel derby di coppa Italia, cosi è capace di ripetersi all’Olimpico alla prima opportunità. Già perché anche questa è una delle qualità insospettate del giovanotto comasco maturato nel settore giovanile del Milan che ha soltanto 2 anni meno di Schick ed è costato pochi spiccioli al contrario dei 40 e passa milioni investiti dalla Roma di Pallotta per provare a raggiungere la Champions.

La differenza tra i due è questa: Cutrone sente l’odore della preda e si ritrova, come un cecchino, dietro il cespuglio giusto per toccare in modo felpato il pallone che svicola tra le gambe di Manolas e le mani di Allison in una serata forse di grande valore tecnico e psicologico per le sorti rossonere. Se Under si ritira e Pellegrini si arrende a metà ripresa, vuol dire che la Roma accusa sul più bello le fatiche del viaggio in Ucraina mentre gli allievi di Gattuso sembrano leggeri e veloci, come non fossero passati dal giovedì di Europa league, poco impegnativo d’accordo. Schick continua per tutta la sera a cercare la gloria che pure gli spetterebbe in forza del suo talento oltre che del suo costoso cartellino. E invece non trova spiragli, non trova sponde, non trova un assist geniale, non trova lo spazio specie quando Dezko gli occupa le zolle vitali e lui deve girargli intorno.

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