Garcia, umiltà per fermare i fenomeni. Luis Enrique, vincere per dimenticare

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Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – Lucho torna a casa per Roma-Barcellona, prima di Champions League, e non è cambiato. Ha solo i capelli più lunghi e brizzolati. È sempre l’hombre vertical, che usa la bio del suo profilo twitter per farsi l’autoritratto: piangevo perché non avevo scarpe, poi ho visto un uomo che non aveva i piedi. Rudi, che a Roma ha preso possesso della vera casa di un allenatore, cioè la panchina della sua squadra, usa la conferenza stampa per dimostrare che ha imparato l’italiano alla grande: non dice più humilté, ma umiltà. E il concetto è chiaro: «Con il Barcellona dobbiamo avere umiltà e ambizione. Nessuno può pensare di fermare Messi, o Suarez, o Neymar con una mossa speciale. Dobbiamo giocare di squadra».

Luis Enrique ha lasciato Roma tra le pernacchie di molti. Sia lui sia la società giallorossa erano all’inizio di un percorso che, per motivi diversi, nessuno ha più seguito. Ha lasciato sul tavolo un anno di contratto per sentirsi libero. Se lo è preso sabbatico, poi è ripartito dal Celta Vigo. Ha avuto la grande occasione al Barça e l’ha sfruttata come meglio non si poteva: Champions League, Liga, Coppa del Re, Supercoppa Europea. Entra all’Olimpico dalla porta principale, senza rivincite da prendere: «Ho solo buoni ricordi. È stata un’esperienza formativa». Però non ha dimenticato gli insulti e lo fa notare a modo suo, cioè cancellando: «Non devo dare la colpa a nessuno, ho deciso io di andare via. Quanto ai particolari, non chiedetemeli, perché è passato troppo tempo».

Daniele De Rossi, con la solita sintesi, aveva parlato così qualche ora prima: «I successi di Luis mi fanno piacere. Vuol dire che non ero matto a pensare bene di lui quando voi lo chiamavate scemo». Tonterias, dicono in Spagna. La differenza tra Roma e Barcellona sta nei numeri e nel palmares. La Roma ha segnato 54 gol nello scorso campionato e il Barça 110. La Roma è uscita al primo turno e il Barça ha vinto la Champions. I romanisti hanno riempito lo stadio Olimpico, come si fa quando arriva in città la grande attrazione, e i culé verranno soltanto in 350, lasciando vuoto il settore ospiti. Roma e Barça si sono incontrate ad agosto, nel trofeo Gamper ed è finita 3-0 per i più forti. Lucho abbozza: «Da allora la Roma ha comprato Dzeko, Salah e Digne, non è la stessa squadra».

Garcia pensa a come fermare i fenomeni. Probabile un 4-4-1-1 con Salah dietro a Dzeko in attacco. Molto dipenderà dalle posizioni di Florenzi e De Rossi (difensori o centrocampisti?). Una prima ipotesi è Maicon-Manolas-De Rossi-Digne, un’altra è Florenzi-Manolas-Ruediger-Digne. De Rossi, l’assente Pjanic, Lobont (neppure in lista Champions) e Totti sono i soli giocatori rimasti dell’epoca-Lucho: «Della mia squadra non c’è più niente, questa è la squadra di Rudi Garcia». Non c’è più nemmeno Franco Baldini, il dirigente che più credeva in Luis Enrique e in un modo nuovo di fare calcio e club. La Roma ha portato De Rossi in conferenza stampa, non Totti. È il tempo che passa. Forse ha ragione Lucho: «La vita va sempre avanti». Stasera, in 60 mila, sperano che il pallone sia rotondo.

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