Corriere dello Sport – Garcia: “Andiamo a Torino per vincere. Tutta la Roma crede nello scudetto. Totti è il Dio del calcio”

Rudi_Garcia

Il tecnico della Roma Rudi Garcia rilascia un’intervista esclusiva al Corriere dello Sport. Ecco i principali punti delle risposte:

«Andremo a Torino come ovunque, con la volontà di vincere. Le cose che dico sullo scudetto è evidente che le dico per calmare un ambiente che parla troppo di questo. Nello spogliatoio parlo in altro modo. Se non troviamo noi il modo di crederci!… Come pensate che abbia vinto uno scudetto a Lilla, con una squadra non certo programmata a vincerlo…Tutta la squadra ci crede, sa che può fare un campionato incredibile. Non faccio nomi, ma posso dirti che alcuni importanti giocatori hanno cambiato la loro opinione sulle possibilità di questo gruppo. 

 

 

Daniele De Rossi non è solo un giocatore importante, è un uomo incredibile. E’ un affettivo. Uno che pensa molto con il cuore. Anche in campo è forte, cattivo, sa fare tutto. Ti coinvolge molto sul piano sentimentale. Per questo è molto amato dai compagni. Un altro affettivo è Morgan De Sanctis è molto intelligente. Ha una personalità forte, è sempre positivo. Non è mai condizionato dalle critiche negative. Poi c’è Benatia. Ah Mehdi… L’uomo è come il giocatore. Forte, sicuro, grande fiducia in sé. Si ricorda bene cosa dicevano di lui e di Leo (Castan), che erano lenti, che non erano una coppia di alto livello. Stanno dimostrando di essere una delle migliori coppie d’Europa. Di fisico, di testa, puntuali sull’uomo, intelligenti a posizionarsi e bravi anche sul piano tecnico. Ho capito velocemente che con questi due insieme avremmo fatto cose importanti. Castan è un Burdisso giovane.

 

 

Strootman? Il vero Kevin lo scopriamo adesso. A Milano l’hai visto, assist, tackle, corsa. Lui può diventare ancora più importante in questa squadra. Penso a Bergamo. Primo tempo squadra giù, lui una spanna sopra. Voleva più palloni ma non sempre gli arrivavano. Lui deve imporsi. Quando parte e non gli arriva la palla in corsa, deve farsi sentire.

 

 

Tutti pazzi per Gervinho? Lui ha bisogno di sentire la fiducia dell’allenatore e dei compagni. Gervi è uno tranquillo fuori campo. Non parla molto, ma sta bene con il gruppo. I quattro pareggi di seguito? Dico solo che, con lo stesso contenuto, era molto possibile vincerle queste partite. Sugli arbitri che dire? Io sono un uomo di buon senso, non penso al complotto. Non avrebbe senso vedere una squadra che uccide il campionato a metà stagione. A Bergamo ho parlato così perchè avevo raccolto il malessere dei giocatori. Sai, quando succede una, due, quattro volte di fila, è normale. Ho sentito il bisogno di rappresentarlo. Il sentimento più difficile da accettare è quello dell’ingiustizia. 

 

 

Su Totti e l’equivoco della mia frase sul “leader” voglio chiarire per sempre. Nel calcio, come nella vita, ci sono leader differenti. Francesco non è un leader di parola o di spogliatoio, lui è un leader di campo. Lui ama il calcio. Totti è molto intelligente. Anche le intelligenze sono diverse. C’è quella acculturata, di chi sa molte cose, c’è l’intelligenza della vita, quella di Francesco. Non ha bisogno di molto tempo per capire. Spesso io e lui non abbiamo bisogno di parlare. Ci basta uno sguardo. Siamo quasi sempre d’accordo sulle cose del campo. Contro la Fiorentina l’ho portato in panchina per caricare il gruppo e mettere pressione all’avversario. Aveva solo un quarto d’ora nelle gambe. Ho pregato di non avere bisogno di farlo entrare. Era un rischio che non volevo prendere. Capisci cosa vuol dire avere Totti, il dio del calcio, vicino a te in panchina? La tentazione è forte….

 

 

Che penso degli americani? La loro ambizione è forte. E io ho voglia di essere protagonista di questa ambizione. James Pallotta è veramente una bella persona. Un uomo gentile, sempre molto attento a farti sentire in fiducia. Pjanic? Miralem è un genio del calcio, un Francesco Totti più giovane. Un uomo molto intelligente, parla cinque lingue. Quando sono arrivato c’erano Pjanic e Lamela, due talenti assoluti, ma per il mio calcio era fondamentale Miralem. Il mio gioco lo fanno i tre del centrocampo. I due terzini per me sono due attaccanti. C’è chi dice che io non mi prendo molto con Ljajic. Completamente falso. Adem ed io abbiamo un ottimo rapporto. Sull’argomento razzismo e curve chiuse la penso così: se c’è una scuola di vita è il calcio. Nello spogliatoio non facciamo attenzione al colore della pelle o alla religione. Non c’è razzismo tra i giocatori. Balotelli è fortissimo, del resto non parlo, è terreno minato. Ma non penso che, nel caso suo, ci sia una questione di pelle».

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