Garcia, è finita davvero. Per la rivoluzione Roma è l’ora dello Spalletti 2.0

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La Gazzetta dello Sport (M. Cecchini) – Una cosa è certa: alla Roma non hanno fretta, ma stavolta il giorno dei saluti è arrivato. A meno di colpi di scena ormai sempre più improbabili questa mattina la Roma – incarnata da Walter Sabatini – incontrerà Rudi Garcia per fare il punto della situazione e comunicargli l’addio. Tutto questo, dopo che ieri sera c’è stato un contatto diretto, tra Umbria e Toscana, tra il d.s. e Luciano Spalletti, primo candidato all’eredità del francese. Tutto fatto? Quasi, perché Sabatini vuole che sia il presidente Pallotta ad assumersi la responsabilità non tanto di questa decisione, quanto di quella che ne consegue: l’addio alla possibilità (non remota) di avere in estate Antonio Conte come tecnico della Roma. Ovvio, perché Spalletti firmerà con tutta probabilità un contratto di un anno e mezzo con opzione (a suo favore) per il rinnovo. Per questo, qualora il presidente fosse minato dai dubbi di Sabatini (che non ritiene impossibile il flop della stagione anche in presenza di un cambio), il candidato forte potrebbe essere Leonardo, ora in Brasile, che accetterebbe di fare il traghettatore per un semestre, magari per poi essere dirottato in altri ruoli. Più sfumata la candidatura Sampaoli, che piace al d.s. ma che, oltre a volere un contratto non breve, ha anche una clausola di rescissione con la sua federcalcio cilena di 6,5 milioni. In calo Bielsa, che pure piace.

QUI MIAMI – È paradossale che a comunicare il probabilissimo esonero a Garcia sia proprio la persona che più l’ha difeso, fedele interprete di una linea che non vorrebbe a Trigoria cavalli di ritorno (e Spalletti lo è) e preoccupato, come altri, del carattere non semplice dell’allenatore. Ma Sabatini è costretto a prendere atto di tre cose: il «disgusto» manifestato più volte da Pallotta per l’attuale Roma, l’entusiasmo dell’entourage presidenziale (pare che l’amico Zecca lo abbia incontrato) per il tecnico toscano e, soprattutto, la soddisfazione di una tifoseria disamorata del presente, anche se molti temono un nuovo «effetto Zeman»: bruciante e labile. Intanto a Miami il presidente Pallotta e il d.g. Baldissoni sono stati impegnati in riunioni sul nuovo stadio e così accadrà anche oggi, mentre Garcia andrà a Trigoria per dirigere l’allenamento e prepararsi al colloquio ultimativo, in cui pare non abbia intenzione di rescindere il contratto (fino al 2018). Comunque le possibilità di un «caso Ballardini» bis, cioè lui in panchina col Verona, sembra improbabile e in ogni caso Alberto De Rossi ha declinato l’ipotesi di traghettare anche solo per un match una squadra che abbia suo figlio in campo. Al massimo, oggi potrebbe dirigere gli allenamenti e nulla più.

LA MAIL – L’accelerazione ieri si era capita in modo quasi fortuito, quando Sabatini aveva deciso a sorpresa di rispondere a una mail di un tifoso arrabbiato che invocava le sue dimissioni. «La scelta dell’allenatore la indirizzo comunque io – ha scritto il d.s. –. Le possibili dimissioni sarebbero da riferire ad altro, per esempio al decoro». Ovviamente tutto è finito sul web, alimentando l’incendio. In ogni caso, l’esegesi del testo faceva supporre la sostituzione di Garcia (la scelta) e le eventuali dimissioni in caso di fallimento stagionale (il decoro). Ma meglio non credere al senso letterale, perché se c’è una certezza è quella che vuole Pallotta soddisfatto del lavoro di «mister plusvalenza» e quindi, eventualmente, sarà solo il d.s. a decidere di interrompere il rapporto, e non adesso.

SAMPAOLI IN CODA – Per questo, forse, chi è vicino a Sabatini racconta che in fondo il d.s. avrebbe preferito la pista Sampaoli, c.t. del Cile, destinato sul mercato a concedere più carta bianca rispetto a Spalletti perché meno inserito nel tessuto calcistico italiano. Ieri Sampaoli ha detto: «È una grande squadra, qualsiasi allenatore vorrebbe allenarla e io non voglio proseguire la mia esperienza col Cile, mi sento un ostaggio». Possibile, ma a questo punto difficilmente potrà essere la Roma a liberarlo. A Trigoria sono pronti già a riabbracciare Spalletti, che pare da giorni ripeta: «Tornerei per lasciare un lavoro lasciato in sospeso». Un lavoro chiamato scudetto. Quello che a Roma pretendono tutti.

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