Leggo – Gago: “Il futuro è già cominciato”

Fernando Gago è un ragazzo felice della sua fortuna. Gioca al calcio da quando aveva tre anni, ha sposato nel luglio scorso Gisela Dulko, la deliziosa tennista argentina compagna di doppio della nostra Pennetta, si gode due cani, la casa che oggi è all’Eur. Non sa dove potrebbe essere domani, perché «certe decisioni passano attraverso i club». L’importante è che ci sia sempre una casa. Il suo cerchio della felicità si chiama privacy, ma la sa difendere con un sorriso. Nel calcio dei Balotelli e degli Ibra sembra una mosca bianca.
Gago, come si descriverebbe?
«Un chico tranquillo e fortunato, perché gioco al calcio per professione. Fuori dal campo faccio quello che facevo a dieci anni. In Argentina vedo gli amici di sempre, esco, vado al cinema, come tutti i ragazzi del mondo».
A Roma che fa?
«Sto bene a casa. Anche se la città è meravigliosa. In Argentina tutti la conoscono. Il Vaticano, il Papa, il Colosseo, tanta storia che studiano tutti».
Della squadra se ne parla?
«Certo, perché qui sono venuti tanti giocatori argentini».
Perché ha scelto la Roma?
«Una decisione presa all’ultimo momento. Venivo da una stagione difficile nel Real a causa di un infortunio e quando Baldini mi ha prospettato questa possibilità mi è sembrata buona. Un nuovo progetto, la possibilità di giocare».
Nella decisione ha influito anche sua moglie Gisela, compagna di doppio della Pennetta?
«Le scelte professionali le prendo io».
È qui per restare?
«Sto bene, questa è la mia squadra, ma il futuro dipende dalle scelte del club».
Lasciare Madrid è stato difficile?
«Di Madrid ho bei ricordi, ho vinto, poi ci sono stati momenti difficili, che fanno parte del calcio. Ma non ho interpretato il passaggio alla Roma come un passo indietro».
È vero che Mourinho la chiama «la spia»?
«Storie inventate. Lui non l’ha mai detto. E io parlo poco con i giornalisti. Scrivano quello
che vogliono. Non mi piacciono le interviste, non mi piace parlare della mia vita privata».
Ma i tifosi vogliono conoscerla.
«Lo capisco e mi piacciono i tifosi. Sono abituato a quelli del Boca, sono fantastici. Del resto io sono uno di loro, da ragazzo ero praticamente un ultrà, anche se, facendo il raccattapalle, non potevo andare sugli spalti. Domenica scorsa, quando ho segnato, i tifosi romanisti mi hanno fatto sentire le emozioni dei tempi del Boca».
Come ha cominciato col calcio?
«Mio zio Oscar un giorno mi disse che mi avrebbe portato a giocare e io cominciai a tormentarlo ».
Quanti anni aveva?
«Tre».
Un po’ presto.
«A quattro sapevo già che avrei fatto il calciatore, a otto ero nelle giovanili del Boca».
Ricorda i primi scarpini?
«Li lucidavo tutti i giorni. Non che fossi povero, mio padre lavorava in fabbrica, un lavoro duro, fino alle 9 di sera e bastava a mantenere me, mia madre e i miei fratelli. Però averli era un sogno».
I suoi fratelli giocano al calcio?
«Nemmeno ci provano. Paolo fa il bagnino, Guglielmo lavora. Meglio: dice che lavora».
Che differenza c’è a giocare al calcio da ragazzino e adesso?
«Da ragazzino non hai responsabilità, ma lo spirito è lo stesso perché senza passione non arrivi».
Un aggettivo per l’Argentina?
«È il Paese più bello del mondo».
Che voto darebbe a questo inizio di stagione della Roma?
«Positivo. Credo che questa squadra oltre a un grande futuro, abbia anche un presente, può lottare per una posizione di vertice».
Fra tanti giovani ha trovato anche Totti.
«Lo conoscevo, naturalmente, ma allenarsi vicino a lui è diverso. È straordinario, come De Rossi».
Dicono che Lamela somigli a Kakà.
«Ognuno somiglia a se stesso, ma Lamela diventerà grandissimo».
E Luis Enrique?
«Un ottimo allenatore, con le sue idee. Lavoriamo tanto per arrivare al possesso palla, ho fiducia. Credo che abbia soltanto bisogno di tranquillità».
Ha visto come lo imita Fiorello?
«Chi è? In tv ora guardo soltanto il calcio».
Che cosa si è portato dietro a Roma?
«Due cani, un terranova e un boxer, India e Sieu».
Il momento più bello in questi mesi?
«Quando torno a casa da mia moglie e stiamotranquilli».
Giocate mai a tennis?
«Sì, vinco io».
Leggo – Fabio Maccheroni

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