Finale della partita Stadio: si decide a giorni

Corriere dello Sport (M.Evangelisti) – Saranno giornate interessanti. Se v’interessa alzare la voce e stare in ansia, naturalmente. Il destino del nuovo stadio della Roma viene deciso in queste settimane, neppure tante. In teoria il 6 febbraio dovrà essere chiusa la conferenza dei servizi ed entro marzo va diramata la delibera conclusiva completa dei permessi per costruire. Ammettiamo pure si possano prolungare i termini fino a un mesetto (si può, purché nessuno se ne abbia a male). In ogni caso da questa serie sfibrante di riunioni pubbliche, arrampicate per scale secondarie, scambi di e-mail, telefonate notturne qualcosa deve uscire. E in teoria deve uscire un sì, perché è esattamente per questo che è stata concepita la conferenza dei servizi, una strada a senso unico.

IL GRANDE FREDDO – Oggi la conferenza in questione riparte dopo la lunga pausa festiva. Tutto il resto non si è fermato quasi mai e ancora ieri sera tardi mentre la temperatura calava a picco i tecnici della Roma e quelli del Comune stavano scervellandosi alla ricerca di un sistema per rendere indolore il taglio di 200.000 metri cubi individuato come sano compromesso. Una limatura pressoché sadica al progetto, intorno al 20%. Da una parte le tre torri – tre dovrebbero restare – destinate a uffici e a esercizi commerciali verranno abbassate sensibilmente, dall’altra bisognerà limare qua e là le opere a corredo: un po’ di parco, un po’ di parcheggio. Oltre al ridimensionamento delle migliorie alla Metro B, peraltro marchiate come sconsigliabili da più parti. E’ tutto possibile e insieme è tutto molto difficile. Non per le prese di posizione di Vittorio Sgarbi che anche ieri ha espresso serenamente la sua contrarietà al progetto parlando di «amministrazione criminale», «mafia annunciata», «complicità di magistrati, intellettuali e speculatori» e paragonando la faccenda allo stupro di un bambino. E’ tutto difficile perché riuscire ad apportare modifiche tanto profonde al progetto originario restando nell’ambito della delibera di interesse pubblico votata dalla giunta di Ignazio Marino (tale delibera lega indissolubilmente l’intero iter alla realizzazione delle opere di viabilità) è come camminare su un filo senza neppure sapere se si è abbastanza leggeri da non farlo rompere. Non molto può essere toccato: per esempio non è eliminabile il ponte sul Grande Raccordo Anulare che rappresenta, secondo l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini, un doppione inutile del Ponte dei Congressi già finanziato con soldi pubblici. Questa è la ragguardevole caratteristica del nuovo stadio: modificare la realtà circostante in modi imprevedibili. Gli oppositori di ieri, cioè il Movimento 5 Stelle, sono diventati gli alleati della Roma, anche se volubili e divisi (sembra sia in arrivo una mozione contraria di una parte della maggioranza), mentre la Regione a guida Pd, che si è sempre detta a favore, adesso gioca in difesa.

LA PARTITA – Comprensibilmente i democratici chiedono il rispetto delle regole già scritte e chiarezza. Il consigliere del Pd romano Marco Palumbo denuncia «correzioni incomprensibili che rischiano di far partire nuovamente l’iter amministrativo, di allungare di due anni i tempi e di ridurre infrastrutture importanti». E chiede a sindaco e assessori di riferire in aula. Va così fin dall’inizio: una partita politica in cui nessuno vuole concedere un assenso definitivo ma neppure staccare l’ossigeno alle procedure. Ognuno ben cosciente di quanto costerebbe in termini elettorali la cancellazione dell’iniziativa, che dovrebbe portare la Roma nella casa nuova per la stagione 2020-21 o anche prima. L’impressione è che ormai il progetto abbia preso troppa velocità per essere fermato. L’assessore comunale allo sport Daniele Frongia prima di incontrare Vincent Candela per parlare di attività fisica e territorio e annunciando la volontà di ripristinare Campo Testaccio ha ripetuto: «Si sta andando avanti e sicuramente a gennaio ci saranno novità». Oggi forse sarà la giornata più interessante di tutte.

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