Festa Dzeko. Ora è diverso. Gol, testa e motivazioni

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La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – «E facciamo così: gli si ridà la maglia». Che non è un regalo per i 30 anni. È solo perché «ora è un Dzeko diverso». Parole e musica di Luciano Spalletti, che non sarà Mogol ma i testi sa scriverli bene, il linguaggio sa come dosarlo a seconda delle situazioni. E Dzeko s’è meritato una carezza, dopo giorni di batoste. E di pizzicate più o meno dirette. Dzeko ora è nella fase due della carriera (ieri ha festeggiato a Trigoria con la pizza). Chissà se l’uso dei dati suggerito da Pallotta conforterà il sentire comune, quello secondo cui uno sportivo può raggiunge il massimo della sua prestazione tra i 18 e 30 anni, salvo poi cominciare il declino. Ecco, chissà se questa settimana Spalletti, per motivarlo, ricorderà a Dzeko la sua età, dopo avergli sventolato sotto il naso i giudizi poco lusinghieri del post Madrid. O forse quel «gli si ridà la maglia» pronunciato dopo il match di Udine valeva come un’investitura per la gara con l’Inter.

METAMORFOSI – Perché poi una svolta c’è stata. Quello Dzeko che aveva segnato solo 3 gol in 17 partite da titolare, è lo stesso che nelle ultime 3 gare dal via ne ha firmati 4. È lo stesso, sì. O forse no, a dar retta a Spalletti. Per 4 motivi, in ordine casuale. Primo: qualcosa è scattato nella sua testa. La pancia piena, quella del «volete che alla mia età mi preoccupi per aver segnato poco?», si è trasformata in rabbia. Secondo: qualcosa è mutato nel gioco. La Roma ora si adatta alle sue caratteristiche, il gioco non è più monocorde, la squadra sa leggere le situazioni e applicarle a seconda del momento e dell’avversario. Terzo: Dzeko è migliorato dal punto di vista fisico. Il bosniaco visto a Udine, ma anche quello di Madrid (al netto dell’errore sotto porta), è un giocatore più brillante sulla seconda giocata, quella che viene un attimo dopo il controllo di palla. Punto quarto: l’attaccante è stato rassicurato dal club sul suo futuro. Perché le voci che lo vedevano lontano dalla Roma in qualche modo lo turbavano: Dzeko non è tipo che ama rinnegare le sue scelte. E quella di giocare a Roma, un’estate fa, fu per una scelta ponderata. E allora Dzeko titolare con l’Inter è una conseguenza naturale. Non fosse altro che per dare continuità a quel discorso pieno di numeri di cui sopra. Non fosse altro che per mandare anche tanti saluti all’altro Dzeko, quello che non segnava mai, che a San Siro all’andata andò con il piedino morbido su di un pallone solo da spingere in porta. Quello Dzeko lì ha lasciato Roma.

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