EuroRoma. Il piatto americano piange da sei anni

Corriere Dello Sport (R.Maida) – Quindicesima nel fatturato, trentottesima del ranking. Basta questa differenza, non piccola, per raccontare l’insufficiente rendimento europeo della Roma, che nei sei anni di gestione americana non è riuscita ancora ad affermare il proprio prestigio internazionale, con conseguenze anche finanziarie e promozionali nel solito circolo vizioso che colpisce senza pietà i responsabili dei risultati negativi.

DOPPIO FLOP – In questa stagione, che avrebbe dovuto segnare la svolta, la delusione è stata addirittura doppia. E si può sostenere che l’onorevole eliminazione maturata giovedì, in un Olimpico finalmente acceso, sia stata quella meno dolorosa. Ben più grave è stato lo 0-3 estivo contro il Porto, che ha scacciato Spalletti dalla Champions League provocando con certezza la perdita di un terzo dei ricavi. In sostanza, nella prossima pubblicazione della Deloitte sui fatturati dei principali club europei, la Roma si avvicinerà di più al proprio ranking Uefa, perché scenderà di molto al di sotto dei 200 milioni.

RIPETIZIONI – E se le mancate rimonte sembrano una costante storica e tradizionale della Roma – è la sesta volta di fila che il club, a prescindere dalla proprietà, non passa un ottavo di Coppa Uefa/Europa League – sorprende l’abbassamento degli standard complessivi nel periodo che parte dalla stagione 2011/12, la prima dopo il cambio di società. Il brutto giorno si è visto dal mattino quando Luis Enrique, abbronzatissimo e senza un capello bianco, schierò una Roma improbabile nel preliminare europeo contro lo Slovan Bratislava. All’andata un errore del portiere, Stekelenburg, costò la sconfitta mentre al ritorno, davanti a 55.000 spettatori, l’allenatore fece infuriare i tifosi sostituendo Totti con Okaka e salutando il torneo a causa dell’1-1 maturato all’Olimpico.

ASTINENZA – L’annata di Luis Enrique, chiusa al settimo posto con due derby su due persi, lasciò la squadra fuori dall’Europa. Ma l’anno dopo finì anche peggio, con il triste passaggio del testimone da Zeman ad Andreazzoli. La sconfitta contro la Lazio nella famosa finale del 26 maggio generò la seconda bocciatura europea e la certificazione di due stagioni, almeno sul piano sportivo, completamente buttate.

SECONDI E VIA – Nei due anni e mezzo di Rudi Garcia c’è stata una forte inversione di tendenza. Due secondi posti consecutivi hanno consentito alla Roma di entrare in Champions per due edizioni di fila e di sistemare un po’ i conti. Ma le campagne europee sono state ugualmente poco redditizie, anche a causa del ranking di partenza che ha obbligato la squadra a misurarsi con avversarie troppo superiori. Nel primo caso la Roma venne eliminata dalla fase a gironi e poi si fermò agli ottavi di Europa League, umiliata dalla Fiorentina e dai tifosi della Sud. Nel secondo ottenne un obiettivo storico: qualificarsi tra i fischi dopo un’avvilente 0-0 in casa contro il Bate Borisov. Ma non sono stati tanto i risultati a danneggiare l’immagine della Roma, quanto la proporzione delle sconfitte: l’1-7 in casa contro il Bayern di Guardiola e l’1- 6 di Barcellona del vendicativo Luis Enrique hanno pesato più del doppio 2-0 con il quale il Real Madrid, futuro campione d’Europa, ha eliminato Spalletti al rientro sulla scena internazionale, negli ottavi 2016.

RIMPIANTI – Invece in questa stagione, che provocherà un dissesto finanziario del quale il presidente Pallotta dovrà occuparsi, restano due enormi rimpianti. Perché la Roma, una volta esclusa dalla Champions contro un avversario alla sua portata, avrebbe potuto giocarsi l’Europa League fino in fondo, visto il panorama delle otto rimaste in lizza. E invece a metà marzo, come spesso le è successo in passato, si è trovata fuori.

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