Euforia Pjanic e Castan: «Una Roma da scudetto»

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La Gazzetta dello Sport (Stoppini-Zucchelli) – Mire tira, Leo prega. Mire segna, Leo si inginocchia. Bosnia e Brasile nella vittoria della Roma. Perché una punizione è stata e una punizione stava diventando. Una punizione come quelle di Pjanic, la 3a in un campionato che non l’ha visto mai così Mire, mai così Pjanic, mai così decisivo. La sfilza di numeri sulla schiena del bosniaco è impressionante: 10o gol (sui 21 totali in A) su calcio piazzato, il numero uno in Italia dal 2013-14 in poi (con 7), il numero 1 nella Roma perché il suo piedino fatato è entrato già in 8 gol (4 reti e 4 assist) sui 20 totali della squadra di Garcia. Ma la fotografia è quella porta davanti alla curva Sud che pare quasi attirarlo.

GIOIELLI – Tutti lì, i 3 gioielli: stesso angolo, stesso finale, che l’avversario si chiami Juve, Carpi o Empoli. «Il piede di Miralem è un bene» dice Garcia. Altro che «mai ‘na gioia»: Pjanic regala solo prodezze ed esultanze. Come quel dito che ruotava dopo la rete, come a dire «ancora io, sempre io». Quattro reti, capocannoniere di squadra in A insieme a Salah. E tutti gol di qualità: le 3 punizioni, il gioiello di Palermo. «È diventato un giocatore incredibile, faremmo bene a coccolarcelo», dice di lui De Rossi. E pensare che Roma aveva ingoiato anche lui. Ma qui sta troppo bene. A Roma fa tutto troppo bene. Ieri ha deciso la partita cambiando 3 ruoli: regista nel 4-2-3-1, poi intermedio, poi trequartista. La Roma passa da lui, le vittorie passano da lui: «Questi sono punti pesantissimi», ha scritto sui social network.

LEO C’E’ – Mire segna e cambia (pure) il senso della serata di Leo Castan, che una punizione stava vivendo dal 22 agosto, da un Verona-Roma che lo aveva illuso. In settimana Garcia gli aveva detto di tenersi pronto. Castan ci sperava, ma era successo già altre volte: convinto di giocare il mercoledì, in panchina la domenica. E allora, ieri mattina, quando l’allenatore gli ha detto che sarebbe toccato a lui (prima di annunciarlo alla squadra) il brasiliano era incredulo, mentre i compagni lo caricavano. In campo ha cercato di non forzare, ma la strada è quella giusta. Leo è talmente «dentro» questo nuovo ritorno che prima di parlare alle tv si mette a consultare i risultati dell’Empoli: «Ero sereno prima di scendere in campo perché sento la fiducia di Garcia e dei compagni. Ci vuole pazienza, so quello che posso dare. Devo lavorare».

SOGNARE SI PUO’ – Deve farlo lui, che non giocava una partita ufficiale all’Olimpico da un anno e 5 mesi, e deve farlo anche la Roma, soprattutto in difesa: «Dobbiamo migliorare e non prendere gol come quello di oggi (ieri, ndr). Possiamo sognare lo scudetto – ammette – però bisogna crescere. Per questo teniamo i piedi per terra con l’umiltà. Tutta la squadra deve difendere con attenzione e rimanere concentrata per 90’. Io sono tornato a fare delle scivolate che per me valgono più di un gol». Mai però quanto gli applausi dei tifosi: «Mi hanno dato forza. Adesso tocca a me ripagarli. E sono appena all’inizio». La punizione è finita.

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