Ecco perché l’addio di Nicolò fa perdere tutti

La Repubblica (P. Torri) – Dal Real Madrid alla Fiorentina. Cinque anni di un amore tradito in un gelido venerdì di gennaio, a quarantotto ore della trasferta di La Spezia che poi è casa sua. Centoventotto presenze, novantacinque da titolare, ventiquattro gol, tredici in campionato, undici nelle coppe, uno per sempre nella finale di Conference League a Tirana, due crociati, altrettante interminabili riabilitazioni, un figlio, una tifoseria ai suoi piedi, i baci sulla maglia, la sensazione di un amore destinato a durare ancora a lungo. Tutto svanito con quel “io non vengo a Spezia, cedetemi”.

Un tradimento, così è stato interpretato da una tifoseria che vive la Roma come un sentimento, pazienza se si vince una volta ogni tanto, ma la maglia è sacra e va onorata e rispettata. I modi di questo tradimento possono legittimamente stupire. Zaniolo è sempre stato sul mercato, a cominciare dall’estate scorsa con Tiago Pinto che tutto fece meno che considerarlo incedibile. Come, del resto, è per tutti. Ma da lì sono cominciati ad affiorare i problemi.

Perché come qualsiasi avvocato matrimonialista vi confermerà, quando una coppia arriva al capolinea, le colpe non sono mai tutte da una parte. E la Roma ce le ha. Perché, ufficiosamente, l’estate scorsa disse al mondo che Zaniolo sarebbe potuto partire a fronte di un’offerta tra i cinquanta e i sessanta milioni. Nessuno li ha offerti.

Figuratevi l’entourage del giocatore, che ha le sue colpe, come ha metabolizzato la situazione, soprattutto quando ha preso atto che l’incontro per parlare del rinnovo dalla Roma veniva puntualmente posticipato. E ora si è di fronte all’unico caso in cui le due parti, Zaniolo e la Roma, si trovano con il cerino in mano.

Perché Nicolò sta scoprendo, complice il suo rendimento in campo, di non avere troppi estimatori. E perché la Roma non incasserà i quaranta milioni che chiede. Il risultato è il rischio molto concerto che alla fine perdano tutti.

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