Il Messaggero – La scommessa persa

LUIS ha detto addio seduto su un pallone, nel sole ormai estivo di Trigoria. La Roma intorno, i suoi giocatori, quelli che lo hanno appoggiato e difeso fino all’ultimo, che ne hanno apprezzato la tenacia senza farla fruttare. Un po’ più in là, pudicamente defilati, non sorpresi, forse solo spiazzati dalla tempistica, Baldini e Sabatini, i direttori. Nessun americano in giro. Tutti, allenatore, squadra e dirigenti, consci solo dell’evidenza: il progetto fallito in un batter di stagione.
Perché, al di là di una crescita programmata a scalini, restano a loro carico il flop europeo, gli schiaffi brucianti di troppe sconfitte, i derby persi, le cadute a ogni rincorsa. La delusione lontana, quasi estranea, dei nuovi proprietari, per ora chiamati a far fronte a un marchio perdente, difficilmente esportabile. La scommessa – questo lo avevamo detto subito – era a rischio evidente. Perché il tecnico asturiano non aveva mai allenato una squadra di prima serie, per giunta in un calcio, quello italiano, fatto di sottili equilibri tattici, di contromisure più che di gioco, di accorgimenti più che di schemi. Per questo sarà difficile ascoltare nelle prossime ore voci discordanti, l’ammissione di qualche uomo di calcio che goda di questo addio. L’idea dell’innovatore non era peregrina, ma difficile da attuare sicuramente sì. Forse il cammino italiano di Luis sarebbe dovuto partire da una piazza meno esposta: il primo esempio cui ci si può riferire è quello di Zeman, di Foggia, della provincia che non può avere fretta.
A Roma è diverso. I risultati servono subito e a volte neanche bastano. Se sarà Montella, come sembra ormai certo, il nuovo ingegnere del progetto-giovani, avremo la riprova che quell’ansia di stupire è stata cattiva consigliera. E ha prodotto un clamoroso intoppo. Quell’Aeroplanino scacciato dall’hangar è stato un autogol alla Niccolai: chissà perché si è ritenuto immaturo lui che nel nostro calcio è vissuto, e già pronto invece il suo estero sostituto, solo per un motivatore al seguito e un pizzico di tecnologia esibita. La Roma ha perso un anno, Luis una prima occasione. «Non ho saputo dare il cento per cento», ha detto ai giocatori. In realtà si è smarrito molto prima nel tentativo di adeguarsi a un calcio diverso, senza avere la forza di snaturarsi del tutto e senza capire fino in fondo la matrice degli errori. Se ne è assunto, da uomo vero, le responsabilità. Ma quelle sono a monte, sono di un anno fa: il ritorno al passato non è altro che l’ammissione tardiva di un fallimento annunciato.
Il Messaggero – V.Cerracchio

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