Di Francesco, via i sassolini: “In Europa qui s’è vinto poco”

La Repubblica (F.Bocca) – Francesco Totti fa capolino all’allenamento, spuntando con un sorriso sardonico da dietro i cespugli di Trigoria, a dare la benedizione a Eusebio Di Francesco. L’allenatore è al rito di iniziazione in Champions, ne ha bisogno. Il ritorno della Roma sul palcoscenico dei grandi è dipeso molto anche da lui, il travet Totti che studia da allenatore – vedessi mai… – e si smalizia al mondo del calciomercato andando a zonzo con l’andaluso Monchi: il secondo posto è stato l’ultimo traguardo della sua carriera, mentre l’accoppiamento con l’Atletico Madrid di Simeone e il Chelsea di Conte è stato poi un suo scherzo personale al sorteggio Uefa. Peggio di così… La Champions della Roma oggi si prospetta come la sfinente risalita dei salmoni sulle rapide canadesi.

L’ultima volta che la Roma ha annusato profumo di Champions era l’agosto di un anno fa, il Porto la sbatté malamente fuori, retrocedendola nella serie B d’Europa. Mentre nell’edizione precedente (2015-2016), appena sei mesi prima, il Real le fece 2-0 all’andata e 2-0 al ritorno, fuori agli ottavi. Dunque l’esordiente e anche un po’ sperduto Eusebio Di Francesco, col suo Erasmus fresco fresco, può già confortarsi e farsi coraggio: peggio dello smaliziatissimo, e ora osannatissimo a Milano, Luciano Spalletti non potrebbe fare. E infatti l’abruzzese che non è stupido non l’ha mandato a dire: «Negli ultimi anni la Roma in Champions ha vinto pochino». Insomma tranquilli, nessuno alla Roma può dare lezioni d’Europa. Certo le dieci partite di Europa League col Sassuolo di Di Francesco sono niente di fronte alle 56 partite e due finali di Champions League del Cholo Simeone che stasera piloterà il suo Atletico Madrid all’Olimpico col suo calcio ruvido, materiale e quasi preistorico.

De Rossi, Nainggolan, Dzeko dovranno trascinare una squadra che di esordienti non ha soltanto il 48enne allenatore, ma almeno tre-quattro giocatori: i difensori Peres e Juan Jesus, Defrel, mentre il portiere Alisson e perfino l’espertissimo Strootman hanno appena una partita di Champions nel loro score di carriera. Senza contare che l’esordiente che tutti avrebbero invece voluto vedere, e cioè Patrik Schick, costato ben 42 milioni, non c’è perché dolorante a una coscia e dunque la Roma per il momento se lo è perso. Una pattuglia variamente assortita di veterani e debuttanti al battesimo del fuoco. L’unica parola forte che usa Di Francesco è “battaglia”.

La matricola è educata, rispettosa, perfino troppo brava e scolastica. Altri – un Conte o un Mourinho – avrebbero dato fuoco alle polveri in qualsiasi maniera, ma non il buon Eusebio. Mentre Juve, Inter e Napoli si prendevano la testa della classifica, la Roma – complice anche il rinvio della partita con la Samp – usciva dai radar. «L’ultima partita che abbiamo giocato, quella con l’Inter, l’abbiamo persa; poi a Genova non siamo andati col vantaggio di preparare meglio la gara con l’Atletico ma anche col rischio di ingolfamento quando rigiocheremo. E comunque anche Simeone ha fatto riposare parecchi giocatori in campionato. Per il momento siamo stati dimenticati, ma è abbastanza normale. Dovremo cercare di giocare come in quei primi 70 minuti con l’Inter, sarà una battaglia, possiamo fargli male». Parole grosse.

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