Di Francesco: “Per lo scudetto vogliamo esserci anche noi. Nainggolan? E’ stata una scelta condivisa. Pastore viene per fare la mezzala”

Eusebio Di Francesco, allenatore della Roma, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano Il Centro. Queste le sue parole:

Di Francesco, riparte dal terzo posto in classifica, dalla semifinale di Champions e, soprattutto, dopo aver riconquistato il pubblico giallorosso.
Mi fa piacere, anzi sono orgoglioso di andare in giro e di ricevere il grazie della gente. Significa aver riportato entusiasmo e senso di appartenenza. Che devono essere un punto di ripartenza. Vogliamo fare meglio, anche se sappiamo che ci sono anche gli avversari. Si può migliorare attraverso gli atteggiamenti, il lavoro e la mentalità.

La lotta scudetto?
Vogliamo esserci anche noi, vogliamo essere ancora più protagonisti e infastidire chi ci ha preceduto in classifica. Nella Juve c’è un lavoro di squadra. Un po’ quello che predico io alla Roma: bisogna badare al noi più che all’io.

È soddisfatto del mercato della Roma?
Non è ancora terminato, anche se va detto che il nostro ds Monchi si è portato avanti con il lavoro. Si è mosso con velocità. Forse, occorrerà sfoltire la rosa, stiamo facendo delle valutazioni e altre ne faremo durante il ritiro per prendere altre decisioni.

Nainggolan all’Inter?
È stata fatta una scelta condivisa. Con Radja ho un ottimo rapporto, ci siamo sentiti anche di recente. Gli faccio i migliori auguri a livello personale.

Alla Roma è arrivato, tra gli altri, Javier Pastore.
È uno dei pochi nuovi con cui ho parlato e mi ha regalato sensazioni positive. Viene per fare la mezzala, ma la sua duttilità è importante anche per apportare varianti tattiche alla squadra. Ha delle caratteristiche che prima non c’erano nel nostro organico. Qualità e fantasia destinate ad accrescere la nostra forza penetrativa, specialmente contro quelle squadre che si chiudono.

La partita più bella della passata stagione?
Quella con il Barça ha regalato grandi emozioni. Ma penso anche all’importanza della vittoria di Napoli o, sul piano estetico e tattico, alla sfida di Londra di Champions contro il Chelsea.

Due giocatori per ogni ruolo nella sua Roma, giusto?
Oggi ce n’è qualcuno in più in rosa. Comunque, in linea di massima, quella è la filosofia anche se qualche elemento in più, specialmente in difesa e in attacco può far comodo durante la stagione.

Il primo anno a Roma non è stato tutto rose e fiori.
Sono andato sempre avanti per la mia strada e, soprattutto, nell’interesse supremo della Roma. Al di sopra di tutto. Certo, ci sono delle pressioni a Roma. Io, per quello che mi è possibile, cerco di staccare. Di leggere i giornali, di vedere le televisioni e di ascoltare le radio il meno possibile, nel bene e nel male. Ma anche rispettando il lavoro di chi sta dall’altra parte della barricata.

La giornata tipo di Di Francesco durante la stagione?
Sveglia presto. Alle 8 sono già a Trigoria, a meno che non vado ad accompagnare mio figlio a scuola. Resto fino alle ore 16 e poi a casa, dove cerco di staccare. Magari leggo (l’ultimo libro riguarda la psicologia di gruppo, ndr) o vado a cena fuori.

Ritiro a Trigoria, una novità.
Abbiamo un’organizzazione e delle strutture all’interno del centro sportivo che fanno paura. Ci sono stati tanti cambiamenti, la società ha rinnovato e rinfrescato camere e strutture. Senza contare i campi di allenamento. E poi ci sarà la trasferta negli States.

È stata dura conquistare la gestione dello spogliatoio Roma?
Non più di tanto. Si parte dalle regole. Che sono fondamentali in un gruppo. Ma le regole se le danno tutti, il difficile è farle rispettare per rendersi credibile agli occhi degli interlocutori. Poi, viene il discorso tecnico e tattico. Non è più come un tempo che l’allenatore ordinava di fare un esercizio e tu lo facevi. Ora il calciatore ti chiede conto di quello che fa e perché lo fa. Per ottenere dei risultati devi partire da queste basi.

Sta vedendo il Mondiale?
In maniera molto distaccata. Quasi da tifoso. E non mi sembra che stia offrendo grandi novità sul piano tecnico e tattico. C’è grande equilibrio, un livellamento verso l’alto di quelle nazionali che un tempo venivano definite cuscinetto. Le squadre del Nord Europa si caratterizzano per fisicità, una caratteristica prioritaria in campo internazionale.

Chi l’ha impressionata di più?
Forsberg della Svezia, Milenkovic della Serbia e Willian del Brasile.

In prospettiva pensa alla Nazionale?
No, penso alla Roma. Anche se guidare la Nazionale è un onore.

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