Il Messaggero – Delio Rossi: “Ho quel poker ancora in testa”

Sono passati 2 anni e mezzo, eppure sembra un secolo… L’ultimo successo della Lazio nel derby risale all’aprile del 2009. Da allora 5 sconfitte consecutive: 4 in campionato, una in Coppa Italia. I biancocelesti s’imposero per 4-2 e in panchina sedeva Delio Rossi, un allenatore di personalità che viveva molto intensamente questo tipo di sfide. “Mai avrei immaginato che, quell’esaltante vittoria, sarebbe rimasta quasi storica. Perdere cinque volte consecutive è duro da sopportare per i tifosi, soprattutto in un ambiente caldo e partecipe come quello romano”.

Cosa ricorda di quel clamoroso 4-2?
“La Lazio arrivava da un periodo negativo, andammo in ritiro per ritrovare un pizzico di serenità. Fu una vigilia lunga, agitata, difficile, ma riuscimmo a preparare bene la partita. L’inizio fu travolgente: due gol di vantaggio dopo appena tre minuti, roba da record. Poi la Roma rientrò in in gioco e ci volle una grande Lazio per portare a casa la vittoria. Derby nervoso, con espulsi, ammoniti, polemiche: tutti gli ingredienti tipici di questa sfida”.

Dopo quell’affermazione la stagione cambio?

“I nostri tifosi ci osannarono, ritrovarono fiducia e, nei confronti della squadra, tornò la pace. Il derby può condizionarti un campionato: se lo vinci vai in discesa, se lo perdi diventa tutto più complicato. Ma meglio conquistare quello del ritorno, almeno stai tranquillo per cinque-sei mesi”.

Un derby che ha lasciato il segno.
“Non per merito mio, soprattutto per colpa della Lazio che non è più riuscita a vincerne. Non è capitato spesso che la Roma abbia incassato quattro reti, quella fu una gara giocata davvero alla grande, della quale ricordo tutto. Così come i tifosi tengono in mente gol, espulsioni, sostituzioni, occasioni sprecate. A Roma ho imparato cosa significa vivere il derby in questa città”.

Qual è stato il primo approccio?

“Appena arrivato, a un semaforo, una persona mi disse: “Mister, ci sono due derby da vincere…” Non mi chiese né lo scudetto, né la qualificazione in Champions League, ma soltanto di battere la Roma. Così mi resi subito conto di quello che mi aspettava nella settimana del grande appuntamento”.

Pensa che la Lazio riuscirà a interrompere la serie no?
“La squadra è forte, ha delle certezze importanti e qualche ottima individualità. Perciò possiede tutte le componenti necessarie per battere finalmente la Roma. Ma niente pronostici, nei derby difficilmente vengono confermati”.

Quali sono le armi migliori dei biancocelesti?
“La compattezza di gruppo, la classe di Klose, la forza di Cisse, la voglia di spezzare il tabù”.

E quelle della Roma?
“Totti e De Rossi, perché romani e perché vivono con grande senso di appartenenza alla maglia giallorossa questa giornata”.

Ma Totti rischia di non esserci.
“Tranquilli, Totti giocherà… Ed è giusto così perché il derby deve avere tutti i migliori interpreti in campo. Senza Totti perderebbe una parte consistente di fascino”.

Però non ci sarà più Zarate.
“Una perdita per la Lazio. Mauro ha sempre fatto bene nelle partite che contavano, perché le belle sfide lo esaltavano. Qualche volta mi ha fatto dannare, perché si accendeva a intermittenza, però mi ha regalato anche belle soddisfazioni. L’argentino è un vero talento, con colpi da campione, uno dei pochi attaccanti che saltano l’uomo creando superiorità numerica. La gente si identificava in questo ragazzo imprevedibile che, all’Inter, saprà ritrovare i vecchi stimoli”.

Cosa dovrà fare la Lazio per battere la Roma?
“Giocare la sfida per vincerla, la classifica lo consente perché siamo agli inizi del campionato. E non entrare in campo condizionata dalla lunga serie negativa”.

Sarà il primo derby di Luis Enrique.
“Un tecnico che ha portato qualcosa di nuovo, ma che ha imparato in fretta il significato di questa partita per la città di Roma. Mi sembra che si sia già adeguato”.

Se andasse all’Olimpico, dove le piacerebbe vedere il derby?
“In curva Nord a tifare Lazio. Del resto sentivo questa sfida come ogni laziale. Invece lo guarderò in tv”.
IL MESSAGGERO – G. DE BARI

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