Antonio De Falchi, Roma non ti dimentica

 

4 giugno 1989. Milano, stadio San Siro. Quattro ragazzi in trasferta a seguire la loro squadra del cuore, la Roma, che nel pomeriggio giocherà contro il Milan. Sono appena scesi dal tram che li ha portati davanti allo stadio, fremono, non vedono l’ora di vedere giocare la loro squadra, di cantare e di tifare, nulla più. Fanno pochi passi e gli si avvicina un ragazzo che chiede loro ” avete una sigaretta?“. Antonio De Falchi, diciannovenne, capisce che è meglio nascondere l’accento romano per evitare spiacevoli inconvenienti e risponde di no. Il ragazzo gli fa una seconda domanda: ” sai che ore sono?“. Antonio gli risponde ma questa volta il suo accento romano viene fuori. Il ragazzo ha trovato quello che cercava, un “nemico“, un romano in terra lombarda. E’ a questo punto che comincia la follia. Il tifoso del Milan si gira, fa un cenno, ed ecco che spuntano una ventina, se non trenta, ultras rossoneri che si avvicinano di gran fretta ad Antonio e ai suoi amici che tentano la fuga, ma inutilmente. I tre amici riescono a scappare, Antonio no. Si avventano su di lui, calci e pugni, infami. La polizia interviene in ritardo, a quell’ora non sono ancora pronti per certi scontri e vengono colti di sorpresa. L’intervento della celere, comunque, placa il pestaggio e gli aggressori vengono fermati. Antonio si alza e sembra non aver riportato lesioni gravi. Ma non è così. Pochi secondi, diventa cianotico e cade a terra privo di sensi. Viene chiamata l’ambulanza che in pochissimo tempo lo porta al vicino San Carlo, ma quello che arriva all’ospedale è un Antonio De Falchi senza vita. Lui, sofferente di una lieve malformazione alle coronarie, non ce l’ha fatta. Il suo cuore si è arrestato per un infarto.

Vengono fermati dalla polizia solo tre aggressori: Luca Bonalda, 20 anni; Antonio Lamiranda, 21 anni; Daniele Formaggia, 29 anni, capo del “Gruppo Brasato“, gruppo ultras della curva milanista, e rappresentante ultras nel servizio d’ordine dello stadio.

Il 7 giugno vengono celebrati i funerali, totalmente a spese della Roma, nella chiesa di San Giovanni Leonarda, Torre Maura, davanti d una folla di circa 5000 persone commosse ed addolorate. In rappresentanza della società sono presenti il presidente Dino Viola, Peruzzi, Nela, Giannini e l’intera squadra dei Giovanissimi della Roma.

Bisogna aspettare il 13 giugno per la sentenza. Il giudice della Corte d’Assise condanna Luca Bonalda a 7 anni di carcere ma con beneficio della remissione in libertà. Si farà soltanto poche ore di carcere. Gli altri due fermati verranno assolti per insufficienza di prove. ” E’ questa la giustiza? – inveisce la signora Esperia, mamma di Antonio, appena appresa la notizia della sentenza- E’ uno schifo. A me questa sentenza non sta bene. Loro devono pagare. anche se nessuno mi riporterà indietro il mio povero Antonio“.

Come darle torto? Si finisce in prigione per molto meno. Non può essere questo il valore della vita di un ragazzo di 19 anni, ucciso per una fede. Per questo non è mai stato dimenticato dagli ultras della Roma, che gli hanno riservato un posto in prima fila nella sua curva sud. Ogni domenica la sua bandiera giganteggia tra le altre. Antonio continua a guardare e tifare la sua Roma. E Roma non lo ha dimenticato.

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