Dal Genoa fino agli azeri, Perotti è l’uomo dell’Europa

Il Tempo (E.Menghi) – Uomo Champions. Perotti ha aperto e chiuso la porta dei gironi, consegnando alla Roma prima il secondo posto in campionato con un gol al 90’ al «suo» Genoa, lo scorso maggio, poi, nella notte in cui tutte le paure incise sulla pelle dei giallorossi – che spesso si sono complicati la vita – erano pronte a trasformarsi in un nuovo incubo, ci ha pensato lui, El Monito, come lo chiamano in patria, a firmare la qualificazione agli ottavi. Scimmietta d’Europa. E pensare che tre giorni prima di diventare decisivo non era stato neppure convocato per la sfida con la Spal per un problemino al ginocchio subito guarito. La Roma aveva bisogno di lui, un dieci vestito da otto solo perché la maglia di Totti sarebbe troppo pesante anche per uno in grado di fare la differenza come Diego.

Ed è al minuto 8 del secondo tempo che arriva la svolta, in contemporanea all’Olimpico e a Stamford Bridge, perché mentre Perotti infila di testa l’1-0 dopo l’errore di Dzeko da due passi, a Londra l’Atletico Madrid colpisce il palo. Il destino in un giro di lancette. Le cose cambiano poco dopo sull’altro campo, ma ai giallorossi interessa il giusto una volta trovato il vantaggio. La firma dell’argentino è quello che serviva alla squadra per sbloccarsi mentalmente, per togliersi di dosso il peso di un match da vincere a tutti i costi perché fallire sul più bello sarebbe stata una mazzata troppo dolorosa. Il colpo di testa non è certo la specialità della casa per Perotti, è il terzo gol in carriera che segna così: non lo faceva da 7 anni, l’ultima nella stagione 2009-10 in maglia Siviglia. C’era sempre Monchi ad ammirarlo dalla tribuna, allora come ieri. E soprattutto il binomio fortunato continuerà ad esistere nella Roma, pronta a blindare il suo uomo Champions. Di firma in firma, dal gol al contratto. Perotti non ha mai nascosto di trovarsi bene nella capitale e ora si aspetta il premio più bello, e meritato: un futuro in giallorosso.

A distanza di poco più di sei mesi è risultato decisivo per la Roma, che senza di lui rischiava di piangere l’addio di Totti non solo perché lasciava il calcio uno dei più grandi di sempre. Il Genoa stava rovinando la festa giallorossa, ma al 90’ è spuntato Perotti davanti alla porta e ha sistemato le cose. Totti-day salvo e accesso diretto in Champions League, una doppietta di emozioni indimenticabile. Ieri ha fatto di più, ha consegnato a Di Francesco un privilegio e ha tolto alla Roma il complesso europeo: «Un momento bellissimo per noi, nessuno ci credeva. Gli azeri erano tutti dietro, sembrava si giocassero qualcosa. Ma ci meritiamo la qualificazione, non abbiamo perso la testa». Anzi, lui ce l’ha messa. Di Francesco, invece, è entrato nelle teste dei suoi e li ha portati in alto: «Il merito è del gruppo, ci davano per eliminati, ma abbiamo creduto nel lavoro».

La Roma ha superato i gironi per l’ottava volta in 10 partecipazioni, ma prima della classe lo era stata solo nel 2008-09, e alle spalle aveva proprio il Chelsea. Storie che tornano, si rinnovano e si riscrivono, con uomini diversi a raccontarle e a lasciare un segno indelebile. Poi ci sono quelli che si sono sfiorati e mai incontrati, come De Rossi e Ancelotti: «In passato – scherza il centrocampista – mi rincorreva e diceva di voler allenare la Roma. Forse voleva venire qui senza di me… Su Spalletti ho letto titoli disonesti, in realtà ho parlato di come ci ha rimesso in pista. Di Francesco ci ha portato in una nuova dimensione, abbiamo ripulito la nostra immagine».

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