Da Peirò a Manolas, la storia siamo noi

La Gazzetta dello Sport (A.Frosio) – E dire che dovevano saperlo, quelli del Barcellona. Sapevano come ci si sente, come si fa a compiere imprese così. Perché un anno fa, poco più, l’Europa intera celebrava la clamorosa – anche più di quella dell’Olimpico, in termini di risultato – rimonta sul Psg negli ottavi di Champions: 4-0 e rumba al Parco dei Principi, poi 6-1 al Camp Nou, trascinato in Paradiso dalle giocate nel finale di Neymar e dal gol all’ultimo respiro di Sergi Roberto. Stavolta sono dall’altra parte: sono loro a vedere la squadra avversaria non uscire più dal campo, per godersi ogni secondo in più di una notte memorabile.

REMUNTADA – Tra l’altro, più o meno l’avevano inventata proprio loro, quelli del Barcellona, la «remuntada»: campeggiava ovunque in quell’aprile del 2010, quando la Catalogna sognava e credeva fermamente, nella possibilità di Guardiola di ribaltare il 3-1 di San Siro contro l’Inter di Mourinho. Non andò così, lo sappiamo bene. Però le squadre italiane, a rimontare, non sono mai state eccellenti. Anzi. Se c’è da pensare alla rimonta più famosa del calcio moderno, viene subito in mente quel «3-1, 3-2, 3-3», che per anni i tifosi avversari hanno intonato quando in campo c’era il Milan. Vittima dello storico ritorno del Liverpool – a proposito di colori che in questi momenti si sentono in cielo – nella drammatica, per i rossoneri, notte di Istanbul. Lì, cambiò tutto nei quindici minuti dell’intervallo, quando il popolo di Anfield invase il cielo con «You’ll never walk alone» e forse fu quello a invertire il destino. Più ancora di quanto fecero Sheringham e Solskjaer a Barcellona, nella finale 1999: Bayern ribaltato nel recupero, Matthaeus in lacrime.

SUPER DEPOR – Ancora il Milan, ma nel giro di due settimane, l’anno prima di Istanbul aveva assaggiato la stessa amarezza. Con il Deportivo, salutato con giubilo al momento del sorteggio per i quarti, 4-1 facile al Meazza. Ma al Riazor succede l’impensabile: Pandiani, Valeron, Luque, poi Fran. Quattro a zero, Milan fuori.

L’INTER DEL 1965 – Fino a ieri, quella del Super Depor e del Barcellona contro il Psg erano le uniche rimonte compiute da uno svantaggio di almeno tre gol nella storia della Champions moderna. Poi è arrivata la Roma. E chissà che una rimontona del genere non possa essere il preludio alla ripetizione di quel che fece l’Inter nel 1965: il 27 maggio, coppa alzata a San Siro contro il Benfica, quindici giorni prima Corso, Peirò e Facchetti ribaltano il Liverpool – perché nel calcio, come nella vita, tutto torna sempre – dopo l’1-3 di Anfield. I nerazzurri vincono 3-0 e si conquistano la finale di Milano. Più dolorosa, per i nerazzurri, la doppia sfida negli ottavi di Uefa 1989 contro il Bayern: indimenticabile 0-2 con la corsa di Nicola Berti all’Olympiastadion, ma poi 3-1 del Bayern a San Siro. La coppa poi la alzerà il Napoli, contro altri tedeschi, quelli dello Stoccarda, e in rimonta: Maradona e Careca dopo il gol iniziale di Gaudino.

LA UEFA 1988 – Proprio l’anno prima, un’altra tedesca aveva animato la finale, l’ultima con gare di andata e ritorno. Il Bayer Leverkusen perde l’andata 3-0 e la coppa sembra già assegnata, perché fino a quel momento nessuno era mai riuscito a ribaltare in finale uno svantaggio del genere. Sopratutto dopo il primo tempo, che si chiude sullo 0-0. E invece succede: in Germania segnano Tita (che poi passa al Pescara), Gotz, il coreano Cha Bum-Kun. Supplementari e rigori. Il Leverkusen sbaglia il primo, ma segna gli altri tre. E alza la Coppa, l’unico trofeo continentale della sua storia. Ah, non ci siamo dimenticati: a farsi rimontare fu l’Espanyol, l’altra squadra di Barcellona. Vedete che dovevano saperlo?

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