Da compagno di Maradona a Mr plusvalenze: ecco Monchi

La Gazzetta dello Sport (A.Bocci) – Arriva la notte, ma dopo la notte c’è sempre il mattino e se piove prima o poi smette e torna il sole. Ramon Rodriguez Verdejo detto Monchi, come tale conosciuto nel mondo del calcio, è probabilmente fatalista come tutti gli spagnoli del sud, perciò le polemiche sull’appuntamento al Circo Massimo gli saranno scivolate addosso. Ci vuole tempo a capire Roma, la Roma e l’Italia, anche se parli qualche lingua e sei andaluso ma internazionale, romantico ma scientifico. Il romanticismo ha convinto Monchi a rimanere a Siviglia una vita prima di accettare il distacco, elaborare il lutto dell’addio e sistemarsi alla Roma. Dopo aver detto no, raccontano, a Barcellona, Real Madrid, Psg e chissà quanti altri club. Perché Monchi non è un semplice direttore sportivo: è una star. Lo dimostrano le ore di esposizione mediatica e l’eccitazione per il suo ingaggio.

Monchi è un mago, Monchi ha creato il miracolo Siviglia. Sarà per questo che la trattativa per il suo ingaggio è stata seguita passo dopo passo e il suo arrivo è stato atteso come quello di un centravanti di classe. Perché Monchi non è un semplice direttore sportivo. In Spagna hanno scritto un libro su di lui, «Il metodo Monchi», e non è che capiti tutti i giorni. Monchi è considerato l’uomo che scova talenti a poco prezzo e li rivende a cifre top, il suo credo è la plusvalenza e il suo sistema è stato studiato anche nelle università. Monchi non è il dirigente che sta dietro le quinte. Monchi fa la squadra, la presenta e la interpreta.

Monchi è rimasto a Siviglia, unico insostituibile mentre gli allenatori si succedevano negli anni, per non parlare dei giocatori. Ne sono passati tanti, da Sergio Ramos a Dani Alves, da Kondogbia a Medel, da Rakitic a Bacca, scovati, lanciati e ricollocati altrove con molti milioni di guadagno. Avvocato per laurea, non per mestiere, Monchi ha conosciuto la popolarità anche per essere stato il compagno di squadra accomodante di Maradona. Portiere di riserva, non aveva grande talento, ma da numero dodici ha costruito la sua carriera. Subito dirigente dopo aver lasciato il calcio giocato poco dopo i trent’anni, Monchi è partito da San Fernando, vicino a Cadice, cantieri, mare e operai, con il desiderio di diventare calciatore, ma il provino con il Real Madrid non è andato come avrebbe sperato e il resto è venuto da sé. Una carriera in tono minore, un grande senso per il calcio che lo portano a diventare il punto fermo del Siviglia, l’alchimista degli ingaggi, il mago dei trasferimenti vantaggiosi. A 48 anni Monchi ha accettato di vivere una nuova avventura e prosegue secondo il suo credo: nessuno è insostituibile, se un giocatore parte un altro arriva e il club crescerà lo stesso, magari meglio. Non è un sistema molto romantico ma a Siviglia ha funzionato.

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