Conferenza De Rossi: “Spero che si ricomponga la frattura tra Kolarov e i tifosi. Se starò bene continuerò a giocare. Non siamo mai stati sull’orlo del baratro” – VIDEO

Pagine Romaniste (da Trigoria F.Biafora) – Daniele De Rossi, centrocampista della Roma, ha parlato in conferenza stampa in vista della gara di Champions League contro il Porto. Queste le sue parole:

Da capitano e da amico hai difeso Kolarov. Va ricomposto qualcosa che si è rotto?
Se si dovesse ricomporre questa piccola frattura io sarei il più contento del mondo, anche perché mi sento un po’ in mezzo. Voglio bene ai tifosi della Roma, che mi hanno sempre difeso e protetto, e Alex lo considero un fratello. Quello che posso dire ai tifosi, visto che si sono sempre fidati di me, è di continuare a fidarsi di me quando dico che è un grande professionista, uno attaccato a quello che sta facendo. Non sto dicendo che è romanista che è romanista da quando è piccolo. Sto dicendo che è uno che dà sempre quello che deve dare, non salta un allenamento, gioca in condizioni a volte difficili. Io preferisco quelli così a quelli che magari baciano la maglia o fanno dichiarazioni al miele nei confronti dei tifosi e poi al primo dolorino si fermano o se il mister gli chiede di giocare in un altro ruolo storcono la bocca. Kolarov è un professionista come ne ho conosciuti pochi in vita mia. Poi c’è sempre da ricordarsi che il tifoso va rispettato e va anche assecondato quando mostra un po’ di insofferenza perché i risultati rendono tutto l’ambiente più nervoso. Se si dovesse ricomporre questa frattura, e spero che domani sia il giorno giusto, sarei il più felice di tutti.

L’esperienza dell’anno scorso servirà per quest’anno?
È un valore aggiunto. Ci fa arrivare un pochino più pronti a partite delicate. Lo abbiamo detto tante volte quando giocavamo contro Real Madrid, Barcellona, Liverpool, che loro forse erano più abituati di noi. Fermo restando che il Porto di partite così è abituato a giocarne tante da diversi anni, anche per noi può essere un motivo di sicurezza per alcuni giocatori in più rispetto al passato. Si racchiude tutto nella parola esperienza. L’esperienza è stata positiva, addirittura ci permettiamo il lusso di dire che poteva finire anche meglio, siamo stati anche sfortunati. Però è un altro torneo, non possiamo attaccarci a quello che è stato e dobbiamo innanzitutto pensare a preparare bene la partita di domani.

Che cosa ti ha colpito della Roma mentre eri fuori?
Negativamente i risultati, che non sono stati sempre brillanti e a volte non hanno rispecchiato le prestazioni in campo. Secondo me abbiamo fatto partite molto buone e non abbiamo portato a casa i punti che meritavamo, come contro il Real Madrid o l’Inter in casa e magari me ne dimentico altre. Di negativo quello che ci ha sempre detto un po’ il mister da fuori ma si notava che quando prendevamo un gol i una situazione critica non riuscivamo a tirare fuori la testa e magari andavamo ancora più in difficoltà, cosa che poi non è avvenuta. Ultimamente secondo me le prestazioni, cancellando Firenze, sono state abbastanza positive.

Se starai bene fisicamente giocherai almeno un altro anno?
Sì, ma questo l’ho sempre detto, se starò bene fisicamente continuerò a giocare. Per quanto rigaurda quello che dicono il mister e i miei compagni, posso dire che loro non si rendono conto di quanto sono importanti per me. Negli ultimi tre anni mi fanno sentire importante come mai in carriera forse. Per questo devo solo ringraziarli. Mi accorgo poi che le prestazioni sono buone, ma sono buone anche perché quando ti senti importante e sei capace a giocare tutto diventa più semplice. Posso solo ringraziare loro per quanto mi hanno fatto sentire desiderato anche in questi tre mesi, dove ero uno spettatore e basta.

C’è un’emozione diversa nei tuoi confronti all’Olimpico?
Mi sono sempre sentito a casa mia allo stadio. Sento grande affetto ultimamente, sento una percentuale più alta di tifosi che mi vuole bene. Penso che questo sia anche il percorso che ha fatto Francesco, che durante la metà della sua carriera ha trovato qualche detrattore e alla fine poi si sono tutti inchinati alla sua grandezza. Non sto parlando di me, ma lo sento che la gente mi vuole bene, sono contento. Penso e devo continuare a pensare che derivi dal fatto che giochi bene a pallone. Se la palla ce l’ho io e poi va a uno con la maglietta rossa il rumore è giusto perché hai dato la palla a quello giusto. Non posso pensare ad altro, non posso pensare che sia perché tra poco smetterò. Penso che ci sta il rumore positivo quando fai le cose giuste e il rumore negativo quando ne fai di meno giuste e il calcio è così.

La Roma è stata sull’orlo del baratro tre o quattro volte. Che cosa ha Di Francesco che vi aiuta quando le cose vanno male?
Innanzitutto ha un’idea di calcio e quella non cambia se le cose vanno male o vanno bene. Sa che cosa succede in campo, riesce a riconoscere quali possono essere i nostri problemi. Un allenatore che se le cose vanno male mette dieci attaccanti o dieci difensori, magari sconvolgerebbe anche l’equilibrio della squadra e non riusciresti a reagire. Lui continua a fare le cose normali. È ovvio che non è felice come può essere felice dopo che abbiamo vinto una partita importante. Gli umori degli allenatori sono ricchi di alti e bassi, come è normale che sia e più di quanto non lo siano quelli dei calciatori. Però ha sempre tenuto la barra dritta, non ha mai perso la trebisonda, anche in una città dove non è facile rimanere saldi di testa e di polso. Questo è stato un grande merito. Poi sull’orlo del baratro secondo me non ci siamo stati così tante volte. Ci sono stati momenti negativi, momenti in cui si è parlato tanto del suo futuro, ma comunque quarti o quinti in classifica. Secondo me sull’orlo del baratro è un altra cosa. Io sono stato quintultimo o quartultimo in classifica e fuori da ogni competizione. Mi sentivo un po’ più sottopressione lì.

Nelle scorse settimane hai avuto l’impressione di aver smesso?
Cerco di essere il più realista possibile. Era un punto interrogativo più che un’idea. Non ho mai pensato di aver smesso. Ho fatto tre mesi, e me lo dico da solo e non è giusto forse, da calciatore serio, mi sono allenato sempre e ho fatto tutto quello che dovevo fare per rientrare nella maniera giusta. Se ho fatto questo tipo di sacrifici è perché pensavo di poter rientrare. Il punto di domanda che avevo e che in parte ho ancora adesso era quanto reggerà la mia condizione fisica, come rientrerò con il ginocchio. Probabilmente un’operazione alla cartilagine non l’avrei sopportata a 35 anni. Se continuerà a rispondere bene come sta rispondendo non vedo perché io debba smettere o debba farmi domande che poi magari il campo smentisce. Se io sto bene, con la gestione dell’allenatore e con il gisuto minutaggio, mi sembra che potrei ancora giocare.

Questa partita può essere il coronamento di un periodo difficile che è finito?
Giorno dopo giorno ogni risposta che mi dà il ginocchio sul campo sono piccoli coronamenti di un percorso che sto facendo. Io penso che si debba pensare alla partita. Il mio attaccamento alla maglia è pensare alla partita come qualsiasi altra partita, come ho sempre fatto, anche quando ero fuori. La cosa importante è la partita, per me è logico che sia anche la mia condizione fisica. Ma non è sapere se giocherò sei mesi, un anno e mezzo o due anni e mezzo. L’importante è preparare bene questa partita e pensare collettivamente e non singolarmente. Poi è logico vhe valuterò sempre le mie condizioni fisiche e terrò aggiornati il mister e il dottore. Ma non è il motivo per cui siamo qui. Domani abbiamo una partita da vincere, non dobbiamo fare dei test sulla mia condizione fisica. L’importante è la squadra.

 

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