On. Cochi: “Progetto stadio di proprietà ancora in fase embrionale”

Tante parole ma ancora nulla si sta muovendo. Per poter costruire uno stadio di proprietà in Italia, nella fattispecie nella Capitale, cosa si deve fare? Quanto bisogna aspettare per poter dare inizio ai lavori?

L’onorevole Alessandro Cochi, Delegato alle Politiche dello Sport di Roma Capitale, intervistato dalla redazione di romanews.eu, ci spiega i perchè di tanta attesa.

L’AS Roma ha conferito alla società di consulenza immobiliare Cushman & Wakefield il mandato di advisor esclusivo per l’individuazione di un’area dove costruire il nuovo stadio. E’ uno step che va di pari passo con l’operato del Comune oppure è un atto di iniziativa esclusiva del club?

L’advisor dovrebbe indicare le zone in cui è più consono costruire lo stadio. E’ un’operazione interamente privata. Ovviamente il Comune, come da programma elettorale, ha tutta l’intenzione di procedere a quella che potrebbe essere la conferenza dei servizi. L’iter prevede che poi il progetto passi all’urbanistica, al tavolo del Sindaco, quindi in consiglio e in giunta. E ci si confronterà, visto che la costruzione di uno stadio coinvolge una serie di argomenti tra cui quello delle cubature. Ma l’aspetto più importante è l’arrivo della legge dal Parlamento che purtroppo non è ancora cosa fatta: il suo cammino si è rallentato a causa del cambio di Governo, ma sembra si stia riprendendo. Dovrebbe arrivare presto e dopo i comuni saranno chiamati a interpretarla. Essendo una legge nazionale dovrà passare per le due Camere e noi speriamo accada quanto prima. Se la Juventus però ha fatto lo stadio con le leggi ordinarie, questo sarà più difficile a Roma. Una volta individuate le zone noi dovremmo tradurre la burocrazia, come ad esempio i vari vincoli delle sovraintendenze, e provvedere ad accelerare quanto più possibile l’iter perché, sebbene si tratti di un’operazione privata, quello della realizzazione di un impianto sportivo è un’opera che ha comunque un carattere pubblico visto che eventi sportivi e partite di calcio sono di interesse della collettività. Però senza la legge che arriva dal Parlamento, non possiamo stabilire una proporzione tra quello che si può destinare a cubatura commerciale, così come avviene per gli shop nel modello degli stadi inglesi o tedeschi, oppure da dedicare ad aree museali, o alla polisportiva come nel caso della Lazio. I nuovi stadi, includendo appunto anche quello della società biancoceleste, potranno ospitare circa 40-45.000 spettatori, che è la capienza di cui oggi gli impianti necessitano in virtù dei diritti televisivi. Siamo comunque ancora in una fase embrionale: la Roma si è data 2-3 mesi dall’incarico affidato all’advisor. Noi vorremmo che entro giugno arrivasse sul tavolo l’individuazione dell’area, ma preferiamo non parlare di zone, anche per non far oscillare il mercato visto che siamo di fronte ad un club quotato in Borsa. E ci tengo a chiarire che utte le aree di cui si è fatto il nome fino ad oggi sono solo frutto di ipotesi giornalistiche”.

Qualora l’AS Roma dovesse individuare un’area ritenuta dal Comune non adatta perché poco agibile, ad esempio, dal punto dei servizi e delle infrastrutture, voi come agireste?

“Il Comune farà la parte del buon consigliere, ma sempre nel rispetto dei ruoli. Noi non siamo degli ‘immobiliaristi’, ma siamo ovviamente a disposizione per l’individuazione di tutte quelle che sono le opere a scomputo, ovvero quelle opere di urbanizzazione necessarie per la pubblica utilità (allargamento delle strade, sistema fognario, rete elettrica ecc) a carico di chi costruisce lo stadio”.

Per la questione stadio avete avuto modo di interfacciarvi sia con la vecchia società guidata dalla famiglia Sensi che con la nuova proprietà. Quali sono state le differenze di approccio e di strategia tra i due interlocutori?

La vecchia gestione della Roma nella persona di Rosella Sensi, che oggi siede nella Giunta comunale in qualità di assessore con delega alla promozione della città e allo sport, aveva sicuramente convocato un professionista molto valido, ma non ci convinceva la zona di realizzazione individuata. Il sindaco Alemanno fu invitato alla conferenza di presentazione e accettò l’invito, ma senza alcun impegno sostanziale. Rispose cortesemente ad un invito e partecipò insieme all’allora assessore all’Ambiente De Lillo. Poi, come sapete, la società dovette affrontare altri tipi di problemi legati alla sua stessa sopravvivenza e non si potè più pensare al nuovo stadio. Per quanto riguarda la nuova gestione, spero che la società americana a cui ci si è affidati conosca i proprietari dei grandi terreni all’interno del raccordo anulare. Perché per fare uno stadio non si può pensare di prendere pochi ettari. Noi, soprattutto in questa fase iniziale, cerchiamo di rimanere in disparte, ma quanto ci indicheranno una o più zone saremmo pronti a fornire informazioni logistiche riguardanti le opzioni che ci presenteranno. La Roma ne prenderà atto e farà le sue valutazioni. Ma vorrei ricordare che per fare uno stadio ci vuole l’ok della Regione, della Provincia e di Roma Capitale. Non è proprio così facile…“.

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