Cobolli Gigli: “Anche l’Inter meritava sanzioni per Calciopoli. Mi piace molto Di Francesco, non cerca mai alibi”

As Roma Match Program (T.Riccardi) – Fu il presidente della Juventus nel post Calciopoli. L’uomo che provò a ridare alla società una credibilità e una spendibilità che erano andate perse in seguito allo scandalo. Giovanni Cobolli Gigli è stato per tre anni e mezzo al comando della società nel momento più delicato della loro storia. 73 anni oggi, ha lasciato il calcio senza troppi rimpianti, continuando a seguirlo assiduamente da appassionato. E con il ricordo vivo di quell’esperienza che iniziò nell’estate del 2006. “In quel periodo tutta l’opinione pubblica ci andava contro, per fortuna l’Italia vinse il Mondiale con tanti giocatori bianconeri e in parte quell’affermazione lenì le ferite della gente juventina”.

Che successe dopo il Mondiale in Germania?
L’acrimonia di molti sostenitori si trasformò in felicità. Ma prima di quel momento, fu dura la strada per la nostra nuova dirigenza. Ci fu l’episodio che riguardò Gianluca Pessotto che ci scosse tutti, ma che per fortuna poi si risolse nel migliore dei modi. E poi, ricordo un pomeriggio d’estate, in cui ci fu una marcia dei tifosi fino alla sede del club nel cuore di Torino. Volevano spiegazioni, volevano rassicurazioni. Speravano di non andare in Serie B. Mi misero sopra un pulpito a parlare, e mi ascoltarono in silenzio. Temendo che avrebbero dovuto trascorrere un anno diverso.

Affrontaste la Serie B nella stagione 2006-2007…
Sì, fummo condannati a giocare nella serie inferiore e le condanne vanno accettate di buon grado. Resta il rammarico per un processo sportivo che, a mio avviso, non fu condotto nel migliore dei modi. Vennero ignorati determinati faldoni, più che ignorati direi nascosti, e non furono rese subito note altre intercettazioni che riguardavano altri club. 

Fa riferimento all’Inter?
Esattamente. Anche la società di Moratti avrebbe meritato sanzioni per quanto era emerso dalle varie conversazioni, lo disse anche il procuratore Palazzi. Tuttavia, la vicenda cadde in prescrizione e la cosa si concluse in questo modo. 

Come andò in Serie B?
Senza dubbio fu molto dura, almeno all’inizio. Pareggiammo alla prima giornata contro il Rimini, dovevamo capire che in un torneo del genere bisognava affrontare le partite con una determinazione diversa. La squadra allenata da Deschamps recepì questa esigenza, giocatori come Buffon, Chiellini, Camoranesi, Nedved, Del Piero e Trezeguet si misero a disposizione con umiltà, e vincemmo il campionato con alcune giornate di anticipo, nonostante la penalizzazione iniziale. E le dico di più….

Prego.
Che quell’anno di purgatorio contribuì a far accrescere la popolarità e la simpatia della Juventus in giro per l’Italia. Ci accolsero in tante città come mai era successo con altre formazioni. A Bari, Treviso, Trieste, Pescara, Crotone e Siena fecero delle grandi dimostrazioni di vicinanza. Erano contenti di avere la Juventus nel loro stadio, con tante persone a seguire la partita e con numerosi campioni sul terreno di gioco. Avevamo una squadra forte, nonostante militassimo in B. Solo ad Arezzo capitò qualcosa di strano….

Ovvero?
Fu la partita che ci diede l’aritmetica certezza della promozione. Vincemmo 5-1, segnarono Del Piero e Chiellini con due doppiette, poi Trezeguet realizzò il quinto gol della gara. A fine partita il loro allenatore, Antonio Conte, venne davanti gli spogliatoi incazzato (testuale, ndr) e si rammaricò con noi. Avrebbe preferito un altro risultato per il suo Arezzo che era impelagato nelle zone basse della classifica, tanto che poi sarebbe retrocesso alla fine dello stesso torneo.

L’anno seguente la risalita in Serie A, che diede subito risultati di livello.
Prendemmo Ranieri al posto di Deschamps. L’allenatore francese fu mal consigliato dal suo procuratore, che avanzò proposte esagerate di contratto. Io e Blanc non accettammo, decidendo così di arrivare alla separazione. Ranieri ci portò due volte sul podio, ci fece rigiocare in Champions League e con lui vivemmo una notte da leggenda al Bernabeu di Madrid, dove Del Piero segnò una doppietta e fu applaudito da tutto lo stadio. Con quel successo approdammo agli ottavi di finale della competizione. Memorabile davvero.

Della Roma di quei tempi che ricordi ha?
Parliamo di circa dieci anni fa. Ricordo l’impegno della dottoressa Rosella Sensi, che portava avanti la società in nome della sua famiglia con grande sacrificio e impegno. Mi piaceva molto. Come apprezzo tanto la Roma di oggi. In particolare le faccio un nome….

Quale?
Quello di Eusebio Di Francesco. È veramente un grande allenatore. Fa giocare a pallone la squadra, ma soprattutto non va in cerca di alibi. Vuole sempre portare avanti l’orgoglio del gruppo, esaltando le qualità dei singoli. 

Questo Roma-Juventus di domenica come sarà?
Una partita sicuramente più difficile della finale di Coppa Italia con il Milan. La Roma è superiore ai rossoneri e lo ha dimostrato. Non faccio pronostici, ma sarà sicuramente una bella serata di calcio. In uno stadio tutto pieno.

A proposito di stadio, il suo corso societario fu determinante per portare a termine l’iter di costruzione dello Juventus Stadium, oggi Allianz.
Sì, insieme al lavoro di Blanc portammo a compimento questo compito così gravoso e complicato. E oggi la Juventus, con l’ottimo lavoro del presidente Agnelli e dei dirigenti Marotta e Paratici, beneficia del nuovo impianto. Non solo dal punto di vista degli introiti, ma pure sportivo.

Anche la Roma si sta spendendo tanto per la realizzazione del suo impianto di proprietà.
È fondamentale per creare business, ricavi, ma soprattutto per cementare un senso di appartenenza ancora più spiccato nella tifoseria. Uno stadio con lo store, il museo, l’area ospitalità e tribune fruibili per i tifosi è l’unica soluzione per diventare un club ad ampio respiro internazionale. La Juventus è già al top, la Roma ci sta arrivando.  

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