Chef Spalletti: quando alla Roma le nuove ricette risultano indigeste

La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini-A.Pugliese) – Istruzioni per l’uso. Un anno fa, l’arrivo di Luciano Spalletti ha senza dubbio rivitalizzato la Roma. Appoggiato efficacemente dalla proprietà – come non era più successo a Rudi Garcia, commissariato anche nella preparazione atletica – i progressi della squadra giallorossa dal punto di vista fisico, tattico e (poi) di rendimento sono stati sotto gli occhi di tutti. Rispetto alla scorsa stagione, la Roma ha 9 punti e tre posizioni in più in classifica, essendo così in corsa su tre fronti: scudetto, Coppa Italia ed Europa League. Non solo. La duttilità tattica dimostrata dall’allenatore toscano in questa sua seconda esperienza a Trigoria è stata senz’altro un elemento di forza della sua gestione, consentendogli anche – nonostante i tanti infortuni accusati finora – la valorizzazione di elementi come Fazio o Emerson che apparivano un po’ come oggetti misteriosi, apparentemente poco utili ad una squadra ambiziosa.

BUCHI NERI – Però, forse proprio l’inventiva dimostrata in questi dodici mesi in qualche occasione è apparsa un limite, tant’è che nell’ambiente giallorosso in tanti hanno parlato di «fenomenite», virus che a volte colpisce persino i migliori. L’ultimo esempio è stato quello di due giorni fa a Genova contro la Samp. La mossa a sorpresa è stata quella di schierare da titolare Vermaelen al posto di Manolas e così la difesa, che veniva da una striscia di 2 gol subiti in 9 partite (coppe comprese) e 0 gol nel 2017 è andata in crisi. Risultato: sconfitta, tre reti al passivo e belga peggiore in campo, con la spiegazione di volere «un difensore di buon piede» apparsa subito debole.

IL PORTO E DDR – Non sappiamo se quella di Marassi sia stata una partita chiave nella stagione, ma di sicuro in altre due occasioni le scelte di Spalletti sono parse poco felici: nella partita di ritorno col Porto, che valeva l’accesso alla Champions, e nella sfida scudetto (?) con la Juve. Nel primo caso, con Rüdiger out per infortunio e Vermaelen squalificato, nonostante il favorevole risultato dell’andata (1­-1) l’allenatore aveva scelto De Rossi per fare il centrale in una difesa a 4, cosa in cui fino a quel momento non aveva mai brillato (a differenza che in una retroguardia a tre). Morale: 0-­3 casalingo, De Rossi espulso in avvio e Roma eliminata, con la motivazione di aver pensato a una squadra con due palleggiatori (l’azzurro e Paredes) sembrata poco convincente.

LA JUVE E GERSON – Ma se possibile, contro la Juventus la sorpresa fu ancora più grande, visto che nel 4-­2-­3-­1 per ricoprire il ruolo di esterno destro fu scelto Gerson. Esito: sconfitta e brasiliano (sostituito all’intervallo) apparso un pesce fuor d’acqua, nonostante la spiegazione fosse virata sulla richiesta di «fisicità» per quel ruolo. Postilla: da quel momento il baby talento non ha messo più piede in campo. Come dire, per rivederlo aspetteremo il Lilla.

DZEKO NON MOLLA – Come detto, tutto questo è assai poco per imbastire processi, visto che i risultati sono (quasi) tutti dalla parte di Spalletti. Certo, in ogni gara gli esclusi avevano la loro dose di malinconia (El Shaarawy a Torino come Manolas a Genova), ma di sicuro la Roma non vuole più fare passi falsi. Sarà per questo che la frase «motivazionale» di Edin Dzeko sui social ieri è stata apprezzata: «Non vieni sconfitto quando perdi, ma quando molli. Noi non molliamo. Andiamo avanti e lavoriamo duramente, totalmente concentrati sul Cesena». Proposito ottimo. Senza bisogno di alcuna sorpresa.

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