Capello: “Ho avuto paura durante l’invasione di campo, temevo potessero annullare la partita”

Oggi ricorre il diciannovesimo anniversario dalla vittoria del terzo scudetto romanista, con la squadra giallorossa che il 17 giugno del 2001 superò il Parma all’Olimpico, vincendo per 3-1. Tra gli artefici di quel trionfo c’è anche, ovviamente, Fabio Capello, tecnico e guida di quella squadra in grado di dominare il campionato dalla prima all’ultima giornata. L’ex allenatore della Roma è tornato a parlare di quello scudetto, intervenendo ai microfoni di Centro Suono Sport. Di seguito, le sue dichiarazioni:

Signor Capello, qual era la paura più grande quel giorno?

Avevamo paura che la tensione bloccasse i giocatori. Mi è successo con il Real Madrid. Il Parma era una squadra forte. La grande paura poi c’è stata in occasione dell’invasione, temevamo che si potesse annullare la partita. Nell’entusiasmo i tifosi non l’avevano capito.

Qual è stato l’evento che ha dato consapevolezza alla squadra di poter vincere lo scudetto?

Avevamo costruito la squadra per vincere e l’acquisto di Batistuta è stata la ciliegina. La partita determinante è stato il pareggio a Torino con la Juventus.

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Lei è una persona fredda oppure è il contrario di come appare?

Sono abituato a festeggiare sempre dopo. Non esulto ai gol perché è il coronamento di tutto ciò che è stato fatto. La sera dopo la vittoria non abbiamo potuto festeggiare perché il presidente non è stato bene. Franco Sensi mi scelse dopo una chiacchierata. Mi sono proposto e lui ha subito preparato i documenti per farmi firmare.

Lei si presentò alla festa del Milan con lo stemma della Roma…

Il rispetto è fondamentale. È un valore importante. Mi è sembrato giusto. Ho un grande ricordo e un grande affetto per la Roma. Sono cose che restano. Abbiamo raggiunto quello che volevamo. L’anno dopo pareggiammo a Venezia e non vincemmo, questo succede nel calcio. Ai quei tempi c’era molta competitività.

Ha mai avuto discussione con Franco Sensi?

Mai, nessuna discussione. C’era tanto rispetto, eravamo sempre d’accordo. Nessuno dei due faceva i capricci.

Qual è stato il primo discorso fatto alla squadra in quella stagione, dopo lo scudetto della Lazio?

Dovevamo fare gruppo. Dissi: “Siamo forti come gli altri, quest’anno dobbiamo vincere senza cercare scusanti”.

Tre nomi di quella squadra?

Ci sono persone che giocano di meno e sono ugualmente importanti. Dico Di Francesco e Tommasi, che davano sempre il massimo in allenamento. Se chi non gioca è scontento per l’allenatore è un problema. Penso a loro, a Mangone, Rinaldi, Lupatelli…

Era vero il dissidio con Montella?

Assolutamente no. Non potevo mai pensare di andare contro un giocatore della mia squadra.

Lo scudetto vinto a Roma è diverso rispetto agli altri?

Basta vedere la bacheca, questa è la difficoltà. I tifosi, le radio, possono essere un problema. Non parlavo con le radio locali per evitare che i giocatori si estraniassero.

I soldi contano?

Sono importanti, ma ci sono squadre che spendono soldi per giocatori che non servono. A noi mancava solo un giocatore e prendemmo il giocatore, Batistuta.

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