Il Messaggero – Roma Champions capitale

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Se bastassero solo le cifre, le statistiche, i sondaggi e le proiezioni per rivelare come andrà finire, Garcia non avrebbe scampo. E diventerebbe il primo imputato, magari a torto perché di colpevoli ne andrebbero trovati sicuramente altri e anche facilmente individuabili, del nuovo fallimento della Roma. Ma il vantaggio in classifica, 4 punti sulle 2 terze, può essere ancora difeso nelle prossime 12 gare, quelle che portano dritte al traguardo. Basta poco. O tanto, dipende dai punti vista. Perché c’è solo da ritrovare il successo. Bisogna capire, però, quale strada scegliere, pesati i problemi che riempiono lo spogliatoio giallorosso a Trigoria più dell’infermeria che, mai come in questa stagione, ha accolto quasi tutti i giocatori della rosa (nuovi e anche nuovissimi, è deprimente ricordarlo, inclusi). E con i due scontri diretti che si giocheranno all’Olimpico: il Napoli sarà qui il 4 aprile (2 a 0 per i partenopei all’andata) e la Lazio, da padrona di casa, il 24 maggio (2 a 2 nel primo match).

STATICA E PREVEDIBILE
La Roma non corre. Passeggia, come se il torneo fosse già finito: 14 punti su 30 disponibili nelle 10 gare del 2015, con i 2 successi di Udine e Cagliari e 8 pareggi (gli ultimi 4 consecutivi). Dopo Natale, la frenata è stata evidente: media di 1,4 punti a gara e 8° posto in classifica. Ha davanti la capolista, le due prime inseguitrici e anche chi difficilmente salirà sul podio: Juventus (22), Lazio, Napoli e Torino (19), Fiorentina (18), Inter e Sampdoria (15) hanno fatto meglio. Se i campioni d’Italia sono scappati (11 punti in più, 12 se si conta lo scontro diretto), le altre si sono avvicinate. Un anno fa il Napoli terzo era distante 9 punti. Il dato inquietante è questo, con l’andamento lento da tre mesi a oggi. Che poi si sposa bene con il comportamento in campo. L’assetto, sia il 4-3-3 che il 4-2-3-1, si allunga in campo e diventa automaticamente vulnerabile. Non esiste il pressing, il possesso palla è sterile e la disponibilità è inesistente. Non giocare da squadra comporta il doppio della fatica, il quadruplo per chi, inutile guardarsi attorno, entra in campo già con la lingua di fuori. Sia in difesa, dove i velocisti avversari hanno sempre il corridoio a disposizione per la volata, sia in attacco, dove i colpi dei singoli non sono più decisivi. La preparazione atletica è stata bocciata da un pezzo. Ma se si privilegia l’anarchia del singolo all’organizzazione tattica, allora non c’è proprio via d’uscita. È angosciante la media di 1 gol a partita nelle ultime 13: dopo il poker all’Inter (30 novembre), l’attacco ha spesso fatto cilecca (3 volte a digiuno e solo 3 gare con 2 reti).

ESPERTA E RICCA
Il vantaggio deve dar forza alla Roma in apnea. Per far sì che sia dolce la primavera giallorossa sarà sufficiente recuperare gli ultimi acquisti: Doumbia e Ibarbo servono numericamente. Garcia ritiene il tridente fondamentale per l’efficacia della squadra. Se i tre attaccanti aiutano il sistema di gioco a ritrovare l’equilibrio, rientrando o aggredendo, allora sarà possibile rivedere lo spirito dell’anno scorso. Con più scelta davanti, ecco la rotazione che permetterà di avere sempre soluzioni offensive per andare a colpire gli avversari. Questo a prescindere dalla condizione atletica: perché in campo, magari con la staffetta per almeno due su tre del tridente, la brillantezza farà la differenza da qui alla fine del torneo. Se Maicon riuscirà a dare il suo contributo nello sprint finale, Florenzi non sarà più solo l’alternativa a Torosidis nel ruolo di terzino destro. Davanti il miglior trio resta quello delle 10 vittorie di fila del campionato scorso con Gervinho, Totti e appunto Florenzi. Imprevedibile, geniale bilanciato. Gol e sacrificio.

 

Il Messaggero – U. Trani

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