La Gazzetta dello Sport (F.Ceniti) – Piani molto diversi, ma stesso condominio. Hanno fatto discutere le parole scritte del giudice della quarta sezione penale di Milano, Oscar Magi, per motivare l’assoluzione in primo grado di Luciano Moggi dall’accusa di aver diffamato Giacinto Facchetti, morto nel 2006, dopo alcune frasi pronunciate nella trasmissione tv «Notti magiche» del 25 ottobre 2010. L’ex d.g. della Juve aveva parlato di «telefonate» fatte da Facchetti ai vertici arbitrali e relative alle «griglie» e di una «richiesta» da parte dell’allora presidente nerazzurro «a un arbitro di vincere la partita di Coppa Italia col Cagliari». Insomma, Moggi adombrava movimenti illeciti anche dell’Inter, tenuta fuori da Calciopoli. Tesi sempre respinta dal club, mentre Gianfelice Facchetti (potrebbe fare appello alla sentenza) proprio per difendere l’onorabilità del padre aveva querelato l’ex dirigente bianconero.
MOTIVAZIONI Moggi era stato assolto a luglio (il pm aveva chiesto una condanna a 10 mila euro di multa), ma le motivazioni sono state depositate lo scorso martedì, 24 ore prima di quelle su Calciopoli. Il giudice spiega come le telefonate tra Facchetti e alcuni fischietti «costituiscono un elemento importante per qualificare una sorta di intervento di lobbing da parte dell’allora presidente dell’Inter nei confronti della classe arbitrale» e sono «significative di un rapporto di tipo amicale» e «preferenziale» con «vette non propriamente commendevoli». Per Magi le frasi pronunciate da Moggi «contenevano con certezza una buona veridicità, o comunque sono state pronunciate nella ragionevole opinione che contenessero una dose di verità». Non vi è dubbio, infatti, secondo il magistrato, che «le intercettazioni prodotte dalla difesa Moggi e recuperate dal processo di Napoli» danno conto di un «rapporto preferenziale» che Facchetti manteneva coi designatori dell’epoca.
IL RICHIAMO A PALAZZI E qui Magi fa capire come è arrivato a questo convincimento: cita le conclusioni esposte nel 2011 da Stefano Palazzi, procuratore della Figc, che prese in esame proprio il comportamento tenuto da Facchetti e dall’Inter dopo aver avuto le intercettazioni di quegli anni particolari. Palazzi stigmatizzò «duramente» le «evenienze probatorie» che non sfociarono in un processo sportivo contro l’Inter solo perché i reati erano prescritti. Magi spiega di non volersi addentrare nella «giustizia sportiva», ma chiarisce che per il processo penale «Moggi, nel citare le vicende di Facchetti, ha riferito cose vere o verosimili anche se certamente meno gravi delle sue. Ha quindi esercitato un legittimo diritto di critica, ma non può ritenersi che il comportamento di Facchetti possa in qualche modo essere accostato a quello di Moggi nell’ambito penale».