Il Sole 24 Ore – Conti in rosso, l’apprendistato tenta i club di calcio

Quella del calciatore-apprendista sarà pure una figura atipica. Ma per i club della vecchia serie C – oggi Lega Pro – già falcidiati dalla crisi che ne ha fatti saltare solo nell’ultimo anno 13 su 9o, il ricorso all’apprendistato è cruciale per salvare i bilanci e dare un futuro a un movimento che dà lavoro a circa 2mila atleti professionisti e conta oltre 6.50o “giovani di serie”. Proprio per agevolarne l'”assunzione”, la Lega Pro ha proposto martedì scorso, in un convegno a Roma dedicato alle «nuove strategie di gestione delle società di calcio», di applicare anche in ambito sportivo il contratto di apprendistato. Quel contratto che per il Governo Monti dovrà diventare la forma privilegiata di ingresso nel mercato del lavoro per i giovani. Certo, si tratterà di adottare e adattare un modello che per tradizione e natura è più congeniale alle fabbriche che ai rettangoli verdi. Ma gli spazi di manovra, secondo il presidente della Lega Pro, Mario Macalli, e il direttore generale Francesco Ghirelli, ci sarebbero. «Lo so bene- spiega al riguardo il vicepresidente della Lega Pro, Archimede Pitrolo, imprenditore e proprietario di un’industria meccanica- che all’interno di un’azienda, l’apprendista segue un percorso di formazione e può contare sull’esperienza di altri operai specializzati. Mentre l’ala sinistra non è che impara a fare l’ala dal centravanti. Ma noi chiediamo di poter usufruire di una formula contrattuale ad hoc per i giovani calciatori oggi non prevista né dalla legge, né dal contratto collettivo».

L’attuale normativa sull’apprendistato (il decreto legislativo 167 del 2ou) non ne vieta l’estensione al settore sportivo. Anche se in Lega Pro nessuno nasconde le difficoltà di renderne coerente l’impianto – finalizzato al raggiungimento di una qualifica professionale – con la carriera sportiva. Per questo sarebbe preferibile il varo di una disciplina speciale per i giovani calciatori (dai i6 ai 21/22 anni) magari da inserire nell’ambito della revisione della legge 91 dell’8i sul professionismo sportivo. Eventualmente, dato che solo una parte dei giovani di serie prosegue nel mondo del calcio, il “programma formativo” del contratto dei baby calciatori potrebbe anche essere finalizzato al conseguimento di un diploma o comunque di una qualifica professionale extra-sportiva. I vantaggi dell’adozione di un contratto di apprendistato calcistico per i club di Lega Pro in cronica carenza di risorse (mediamente nel biennio 2008-2010 hanno fatturato meno di due milioni di euro all’anno, spendendone tre) sarebbero evidenti. Dalla possibilità di derogare al minimo contrattuale (oggi fissato a 18mila euro annui in Prima Divisione e 16mila in Seconda), alla facoltà di accedere a sgravi fiscali e contributivi, alla chance di valorizzare i giovani, ottenendo gli aiuti riservati dalla Figc (i6 milioni a stagione) a chi schiera under 20 e di ritornare a fare mercato per la serie A e B, come avveniva fino a una decina di anni fa.
Il Sole 24 Ore – Marco Bellinazzo

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