Calcagno (vicepres. AIC): “Tornei da finire e non farlo sarebbe un dramma sportivo. Ripartire è un obbligo del sistema”

Corriere dello Sport (E.Intorcia) –Bisogna tornare a giocare, lo dobbiamo a noi stessi e al calcio. Noi faremo la nostra parte ma il conto non possono pagarlo solo i calciatori“, così il vicepresidente dell’AIC Umberto Calcagno.

Il lavoro si fa in campo, tutti insieme. Quando accadrà?

Non possiamo saperlo, ma abbiamo la responsabilità di lavorare ogni giorno per creare le condizioni per riprendere la stagione e portarla a termine regolarmente. E’ quello che stiamo facendo con la FIFPRO.

Dunque i calciatori vogliono tornare in campo e vogliono concludere i campionati?

Si. E’ una questione di responsabilità del sistema sportivo. Se non sarà possibile, sarà solo per colpa dell’emergenza. Ma noi ci auguriamo di uscire presto dalla crisi, quando si tornerà a parlare di calcio giocato sarà un segnale importante per il Paese.

Da una parte l’accordo in casa Juve, ispirato da Chiellini. Dall’altra, gli agenti pronti a trattare i tagli degli stipendi. Sembra una corsa a scavalcare l’AIC, non trova?

Noi siamo in contatto con tutti i rappresentanti all’interno delle squadre e sappiamo bene che un accordo valido per tutte le società non può essere raggiunto. Ci sono tante realtà differenti, all’interno della stessa Serie A, poi in B e in Lega Pro, che forse è quella più omogenea.

Che cosa chiede l’AIC?

Una nuova distribuzione delle risorse, visto che siamo il sistema più sperequato che ci sia in Europa. Parlo di squilibri sia all’interno della Serie A che tra la A e le altre leghe con l’attuale ripartizione stabilita dalla legge Melandri. Per questo vogliamo il Fondo di solidarietà: il 10% di una mensilità lorda deve servire a tutelare i redditi più bassi, penso a chi è al minimo federale ma anche alle ragazze di A e B, ai giocatori di Calcio a 5, che sono professionisti di fatto perchè vivono di calcio.

Per lo stop si è esposto però anche più di un presidente di A, come Cellino e Cairo…

Solo il virus può determinare la mancata chiusura dei campionati, non certo il risparmio o la convenienza di qualcuno. Forse non ci rendiamo conto di cosa significherebbe non concludere i tornei: un dramma sportivo. E non oso immaginare la serie di ricorsi. Meglio sforare con questa stagione e concluderla in piena estate piuttosto che passare i prossimi mesi nelle aule dei tribunali e partire comunque in ritardo con la nuova annata.

La base dell’AIC è compatta nel voler tornare in campo?

Non ci sono differenti correnti di pensiero, ripartire è un obbligo del sistema. Noi siamo uomini di campo, sappiamo quanto vale tornare a giocare: lo dobbiamo a noi stessi e al calcio.

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