Buon compleanno Mourinho: in regalo una Roma più grande

Il Messaggero (A. Sorrentino) – Buon compleanno col naso all’insù, ad ammirare questo incredibile cielo terso di gennaio sopra Roma bella, altro che Londra o Milano. E i piedi sul campo, a Trigoria, perché c’è allenamento. Molto di meglio non si può chiedere. I successi, i tituli, prima o poi torneranno, pensa José, ma intanto godiamoci questa luce, che è un privilegio per tre o quattro milioni di fortunati al mondo.

Il primo compleanno a Roma non si scorda mai, Mourinho oggi dice 59, e un anno fa di questi tempi non l’avrebbe detto neppure lui. Coi tifosi della Roma il legame è già saldo, basta andare allo stadio per capirlo. Le pressioni della piazza difficile non sa cosa siano, non è un lettore di editoriali, non ascolta l’emittenza privata ma l’idea che esista lo diverte, pure a Madrid era così, e se ne fregava anche lì: contano i giocatori e i presidenti che li comprano, non le chiacchiere delle piazze difficili, e lui lo sa da un pezzo.

La squadra comincia a piacergli, ma non sta andando come sperava. Ha faticato a indirizzarla, si è scontrato con la realtà di tante partite perse, già 10, e il suo massimo in carriera in un anno è stato 13. Guida una Roma da testa o croce, vincere o morire: ha pareggiato solo 3 partite su 32 (così poche il City di Guardiola, con ben altri esiti).

La sua desuetudine a guidare una squadra di scarsa personalità lo ha frenato in avvio, lui scuoteva e scopriva sguardi vacui, ha reagito con dispetto e magari ha pasticciato qua e là, tra moduli e scelte. Un allenatore di lignaggio inferiore avrebbe gestito con mano più morbida, ma fa tutto parte del pacchetto-José.

Ha chiesto a gran voce rinforzi, come ogni tecnico di vaglia. Degli epurati di autunno, ha recuperato Kumbulla, l’unico reintegrabile, e perché le topiche mattocchie di Mancini e Ibañez, che un’enormità di gol sono costati, lo preoccupano sempre; gli altri, i Villar o i Mayoral, sono finiti in squadre minori: ovviamente nessuna grande d’Europa ha fatto a pugni per prenderli, e ben si sapeva.

Gli mancano giocatori di riferimento a cui affidare la squadra, sperava lo fosse Pellegrini ma è colpito dalla sua fragilità, allora ecco Sergio Oliveira, per dare solidità ed esperienza, cose vitali. Il resto arriverà, tra gennaio e l’estate. Il quarto posto, volendo, è ancora possibile, se la Roma crescesse tanto, e la struttura ora sembra averla, José ha lavorato sodo. Ma chissà. L’uomo ora sembra placido, sa che a Roma le cose possono rallentare, se si vuole. Un giorno tornerà a Madrid, dove Florentino lo aspetta sempre. Ma non ora. Con questa luce nel cielo, tante prospettive possono cambiare.

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