Gigi e Andrea, sempre loro. L’Italia non ci sa rinunciare

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La Gazzetta dello Sport (M. Cecchini)– Il coro dello stadio, a poche centinaia di metri, si sente forte e chiaro. «Siamo solo noi», canta Vasco Rossi davanti a 40 mila persone impazzite, tra cui qualche azzurro che sfrutta la serata libera rockeggiando al concerto del Blasco al Franchi. Nelle stanze ovattate di Coverciano la musica è diversa, però a Gigi Buffon e Andrea Pirlo forse verrebbe voglia di accodarsi: «Sì, siamo solo noi». Generazione di fenomeni. Eppure, è da quando nel 2010 l’Italia consumò il flop sudafricano che si discetta sul tema della eredità del portiere e del regista. Invece i delfini passano senza rimpianti, mentre i due sovrani continuano a governare a dispetto del tempo. E allora, neppure a dirlo, anche a Spalato contro la Croazia si sono dimostrati indispensabili.

DIECI In fondo è anche questione di carisma. La mezza partita del portiere azzurro, ad esempio, è sintetizzabile in tre cartoline: la prima quando in avvio para il rigore a Mandzukic, la seconda quando si arrabbia con l’arbitro Atkinson per aver concesso alla Croazia di ripartire (e segnare) dopo la rete annullata agli azzurri; la terza quando zoppicava in campo ma non voleva mollare, nonostante il taglio alla gamba gli sia valso dieci punti di sutura. E 10, in fondo, non è un numero a caso, visto che è anche il numero dei rigori parati da Buffon con la Nazionale: cinque durante i tempi regolamentari e cinque dopo i supplementari. Al netto del dispiacere, andando via dal centro sportivo intorno all’ora di pranzo, Gigi sa bene come ancora una volta abbia dato un chiaro segnale di come la sua successione al momento non sia all’ordine del giorno. Non per niente giovedì ha detto: «Avendo perso la Champions, so che per il Pallone d’Oro non posso concorrere, ma merito di entrare nelle nomination». Proprio vero. E allora come farebbe Conte a rinunciare a uno dei giocatori più forti d’Europa?

TORMENTI PIRLO Discorso analogo anche per Pirlo, nonostante il c.t consideri registi anche De Rossi, Marchisio, Verratti e Valdifiori, seppur con garanzie diverse. Andrea deve decidere del suo futuro in fretta. Intanto ha archiviato quello che riguarda l’azzurro, dicendo: «Voglio restare fino all’Europeo», che fa eco alle parole di Conte: «Per lui porte sempre aperte». Anche la Juve non ha intenzione di perderlo, ma il discorso che gli è stato fatto è chiaro: se resti, sarai un giocatore importante, ma non centrale nel nuovo 4-3-1-2. Andrea ci pensa, ma l’ipotesi di riscuotere petrodollari in Arabia o andare al New York City a giocare con Lampard e Villa non gli dispiace. Anzi.

VERSO IL PORTOGALLO A proposito di moduli, c’è da segnalare come nell’allenamento Conte riproponga il 4-3-1-2. La novità è che De Rossi, causa botta al ginocchio destro, dopo un allenamento differenziato è stato rimandato a casa: o Conte chiederà gli straordinari a Pirlo, o metterà in regia Marchisio, magari affiancato dagli arrembanti Soriano e Bertolacci. In difesa, davanti a Sirigu sono stati provati De Sciglio, Bonucci, Astori e Pasqual, ma non è detto che toccherà a loro, così come in attacco accanto a Immobile non è sicuro per ora siano schierati Vazquez (o Gabbiadini) e Sansone. Impressioni? Martedì contro il Portogallo sarà pure un’amichevole, ma Conte non ha nessuna voglia di fare brutta figura. Neofiti e senatori sono avvisati

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