Gazzetta dello Sport – Roma made in Usa. L’ambasciatore è mister Bradley

L’effetto suscitato negli Usa dal passaggio di Michael Bradley alla Roma ricorda quello che accadde sei anni fa in Italia, quando il romano Andrea Bargnani partì per Toronto: entusiasmo e curiosità, soprattutto fra quelli per cui il basket non è pane quotidiano. Il soccer, in America, non è ancora paragonabile agli sport maggiori, sebbene l’invasione di giocatori europei ne abbia aumentato il tasso di interesse: nonostante questo, però, da giorni la foto di Bradley in giallorosso è su tutti i media, New York Times compreso. E ieri è stato tra i più acclamati: (quasi) tutti per lui, compreso un cane antidroga, che lo ha annusato a lungo, mentre Lamela aveva dimenticato il passaporto in aereo, poi prontamente riconsegnato.
Ambasciatore Tornato a Trigoria dopo i due giorni a Riscone, gli hanno organizzato una conference call con i giornalisti americani, che non aspettano altro che vederlo all’opera, già domani a Chicago, città in cui papà Bob ha allenato dal ’98 al 2002: «Sognavo di giocare in un club con questa storia — ha spiegato —. So che di me apprezzano quello che sono, come giocatore e come persona, e Roma per me rappresenta un’opportunità incredibile». In America sarà l’ambasciatore, ai livelli di Totti: fino a prova contraria, anche l’unico momento in cui Bradley forse servirà più per il marketing («siamo elettrizzati per l’arrivo della Roma», ha detto Patrick Dicks, manager di Disney Sports, partner del club) che in campo.
Beniamino L’effetto «Un americano a Roma», però, non si fa sentire solo oltreoceano: nei Roma Store — specie quelli del centro di Roma, dove c’è la maggior concentrazione di turisti americani — più di qualcuno si è affacciato per chiedere la maglia di Bradley; una valanga erano invece state le mail arrivate a Trigoria dagli States, per sapere se davvero il centrocampista sarebbe sbarcato nella Capitale. Tutti accontentati.
Subito in campo Compreso il boemo che, appena Sabatini ha chiuso l’operazione, lo ha subito lanciato dall’inizio a Vienna, con Bradley che nei 45 minuti giocati è risultato uno dei più brillanti, non fosse altro perché scampato al «massacro» delle ripetute che ha imballato le gambe di tutti gli altri: recupererà il lavoro perduto, ma a uno con l’aria da Marine non saranno dieci chilometri a creargli problemi. Magari cambierà anche idea su quello che da piccolo era il suo american dream: era tifoso del Milan, sognava un futuro in rossonero. Visto come si sta evolvendo il mercato, chissà che non gli sia andata addirittura meglio.

Gazzetta dello Sport – Marco Calabresi

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