Berdini scommette: “Meno cemento o lo stadio non si farà”

La Repubblica (L.D’Albergo – G.Vitale) – «Sono tante quanto sopra, si ritiene che la conferenza dei servizi non possa concludersi con esito favorevole». Pesa come un macigno la lettera arrivata ieri in Regione e all’Autorità di bacino del Tevere. Pesa al punto da mettere in fortissimo dubbio l’intero progetto dello Stadio della Roma. Non solo le torri di Liebeskind: anche il Colosseo bis nei sogni del presidente James Pallotta e del costruttore Luca Parnasi rischia di naufragare. Letteralmente: la missiva firmata da Anna Maria Graziano e da Fabio Pacciani, rispettivamente dirigente e ingegnere del dipartimento Urbanistica del Comune, parte con un dettagliato sunto della storia di Tor di Valle, area a rischio idrogeologico. La conclusione del ragionamento gela il club giallorosso: «È evidente che in tale condizione nessuna variante urbanistica comportante aumento del carico antropico sulle aree a rischio per fenomeni idraulici (tipo R3 e R4) potrà essere adottata da Roma Capitale». La traduzione è immediata: per i tecnici del Comune, l’area tra l’Eur e il Grande raccordo anulare è a rischio esondazione. Ed è escluso, allora, che il Campidoglio possa approvare qualsivoglia variante e consentire alla Roma di realizzare il suo nuovo tempio. Il ragionamento, ristretto in poche righe datate “30/01/2017”, è stato consegnato anche all’assessorato all’Urbanistica, all’avvocatura capitolina e al segretariato generale. Non alla sindaca Virginia Raggi. Nemmeno al suo vice Luca Bergamo. A informarli potrebbe essere stato l’assessore Paolo Berdini, capofila degli ortodossi anti-stadio e ieri sera in visita al Campidoglio: «Domani (oggi, OES) in conferenza dei servizi chiederemo un rinvio, altri 30 giorni per chiudere questa storia. Non ce lo negheranno, siamo nel perimetro della legge».

Una frase ripetuta a più riprese anche ai consiglieri e al resto della giunta, ormai divisi in tre fazioni sulle sorti di Tor di Valle. Il primo team, composto dagli ortodossi del M5S, è pronto a bocciare una volta per tutto il progetto. Nessuna delibera, nessun impianto sportivo in una zona tanto delicata. Il secondo tifa per l’eliminazione delle tre torri disegnate da Daniel Liebeskind e per la realizzazione del solo stadio. Il terzo fronte, il più morbido, sarebbe invece disposto a venire incontro ai desiderata della coppia Pallotta-Parnasi, accettando un taglio del 20 per cento sulle cubature: via libera al nuovo catino dei romanisti solo a fronte di 200mila metri cubi di cemento in meno. «Se dovessi scommettere 10 euro? Punterei sulla prima o sulla seconda opzione. Lo stop totale? Non è escluso», spiegava ieri Berdini in aula Giulio Cesare, con tutta probabilità già al corrente della lettera inviata dagli uffici al suo assessorato e pronto a chiedere oggi la sospensione della conferenza dei servizi. Motivazione? Un nuovo controllo sugli atti che riguardano l’area di Tor di Valle. Davanti allo stallo e a quel «no» che il Comune, dopo le Olimpiadi, sembra voler apporre anche sul dossier stadio al club e a Parnasi resterebbero poche alternative. Ricorso al Tar per chiedere la nomina di un commissario ad acta. Oppure l’appello ai poteri sostitutivi della presidenza del Consiglio per salvare il maxi-investimento a tinte giallorosse.

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