Bandiere. Barça-Roma è anche Iniesta contro De Rossi, due carriere e una scelta: un club per sempre

Corriere dello Sport (R.Maida) – Andatelo a dire a loro, che le bandiere non esistono. Sarebbe come sfregiarne i cuori. Barcellona-Roma è anche la sfida tra due pezzi di storia, due capitani che non hanno voluto mai tatuare altre maglie sulla pelle, a dispetto di un oscurantismo emotivo che ha impedito a entrambi, con le debite proporzioni, di raccogliere quanto meritassero. Andrés Iniesta contro Daniele De Rossi: sono quasi coetanei, uno è del 1984 e l’altro del 1983, e appartengono al calcio delle figurine, dei numeri primi, dell’immaginazione.

ATTACCAMENTO – Sono due centrocampisti, hanno vinto un Mondiale a testa. E vabbè. Le parabole non possono essere accostate, né per valore assoluto né per titoli conquistati. Iniesta è un fuoriclasse che grazie al Barcellona ha festeggiato 30 trofei, mentre De Rossi è un ottimo giocatore che ha vinto dieci volte meno (due Coppa Italia, una Supercoppa italiana) e da dieci anni esatti aspetta di rinverdire i ricordi dell’ultima gioia. Iniesta è il campione leggiadro che una madre vorrebbe per genero: mai una polemica, mai un’espulsione. De Rossi è il combattente irascibile a cui ogni tanto parte la brocca, come si dice a Roma. Ma quello che li accomuna, oltre al senso di fedeltà, è un’idea di incompiutezza astrale: Iniesta non ha mai vinto un Pallone d’Oro, anche nell’anno in cui ha segnato il gol decisivo nella finale mondiale, perché da sempre gioca nella squadra di Leo Messi, l’inarrivabile; De Rossi è diventato capitano della Roma soltanto a 34 anni, per meriti sportivi e per successione ereditaria, senza però mai arrivare ai livelli di popolarità e idolatria del fratello maggiore Totti.

INQUIETUDINE – Per questo forse hanno ipotizzato di voler provare emozioni diverse. Non si sono ancora mai mossi dal punto di partenza, è vero, ma mai hanno escluso la prospettiva di farlo. Iniesta anzi oggi è più fuori che dentro, avendo il contratto in scadenza: in Spagna giurano che andrà in Cina ma chissà, magari prevarrà ancora una volta il legame con la Catalogna che lo ha accolto a 12 anni dopo un torneo giocato con l’Albacete. Anche De Rossi è stato preso dalla Roma in età preadolescenziale, dopo essere stato individuato nell’Ostia mare. E anche De Rossi, più volte, è stato sul punto di lasciare Trigoria: cinque anni fa, in piena estate, guidava verso il centro sportivo con il fermo proposito di annunciare l’addio ma scoppiò a piangere sulla Laurentina e cambiò tracciato, rinunciando ai soldi del Manchester United. Adesso, dopo aver rinnovato fino al 2019, a emigrare non pensa. Ma nella sua testa rimane il languorino di un’esperienza finale negli Stati Uniti o in Argentina, nel Boca Juniors, per poter giocare un Superclasico contro il River Plate.

STIMA – Ci sarà tempo per decidere. Di sicuro stasera nessuno avrà la testa altrove. Iniesta e De Rossi si saluteranno a centrocampo come è già successo diverse volte e poi si affronteranno lealmente, ognuno con le proprie armi. Curiosamente non si sono sfidati nel precedente di Champions League del novembre 2015 al Camp Nou: erano entrambi infortunati. Si sono incrociati invece con le nazionali, pure recentemente. A Euro 2016 addirittura la natura ha ribaltato le proprie gerarchie per un secondo: De Rossi ha fatto un tunnel a Iniesta, l’Italia ha battuto la Spagna. Non sempre vincono i favoriti, nello sport. De Rossi se lo continua a ripetere dal giorno del sorteggio.

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