Amelia: «Gigio? Lo vorrei al Milan fino a fine carriera. Ho sempre tifato Roma, ma sono molto diviso»

La Gazzetta dello Sport (M.Pasotto) – Nella sua prima vita ha fatto un po’ di tutto. Ha parato un rigore a Ronaldinho e segnato un gol di testa in Coppa Uefa, vinto uno scudetto a Roma da ragazzino e un altro a Milano da adulto, conquistato un Europeo Under 21 e il Mondiale tedesco. In questi anni, Marco Amelia è stato compagno di Eusebio Di Francesco e Rino Gattuso. Ora che a 35 anni ha iniziato la seconda vita – patentino Uefa A a Coverciano e desiderio di mettersi al lavoro il prima possibile «coi giovani o come vice, anche all’estero» -, può riavvolgere il nastro a poche ore da Roma-Milan: Roma è «le mie radici» e Milano «l’apice professionale».

E Di Francesco e Gattuso due vecchie conoscenze: con Eusebio lei era il terzo portiere giallorosso nel 2000-01 e con Rino ha giocato dal 2010 al 2012. Ce li racconti…
«Di Francesco aveva un’intelligenza assolutamente al di sopra della media. Era un professore, sempre con quell’occhialino… (ride, ndr). E lo era pure in campo. Aveva sempre le parole giuste: toni e modi positivi, non l’ho mai visto perdere la testa. Sempre equilibrato, anche nei festeggiamenti. Si rispecchia molto nel Di Francesco allenatore. Gattuso era uno spettacolo, stimolante, trascinatore in campo e nello spogliatoio. Quei leader che servono in ogni squadra. Anche lui, molto intelligente: conosceva i suoi limiti e cosa doveva fare per migliorarsi. Pensarlo allenatore, però, francamente no. Credo abbia lavorato molto sugli eccessi caratteriali. È bello vederlo all’opera, così limpido e meno impostato rispetto ai colleghi. Vive sempre le partite molto intensamente, come da giocatore. Ancora me lo ricordo».

Per esempio?
«La vigilia della finale mondiale di Berlino. Potete immaginare la tensione. Ebbene, anche quella volta Pirlo era imperturbabile, pareva dovesse giocare in partitella e Rino nel vederlo così era arrabbiatissimo. Io invece più che altro provavo una grande invidia».

Gattuso merita la riconferma?
«Senz’altro. Ha trovato quell’identità di squadra che fino al suo arrivo non c’era. E poi confermarlo darebbe anche un segnale importante allo spogliatoio, perché sarebbe ulteriormente legittimato».

Da ex romanista, quanto le spiace per Montella?
«Molto, è uno con ottime idee. Probabilmente non ha avuto il tempo necessario per dare quell’identità. È dura con undici giocatori nuovi».

Al posto di Montella avrebbe potuto esserci Di Francesco: ce l’avrebbe visto?
«Sì perché avrebbe il physique du rôle per il Milan. Comunque questa generazione di tecnici tra i 40 e i 50 anni è piena di talento. Oddo, per esempio, ha i numeri per diventare un top tecnico in un top club».

I punti di forza di Di Francesco e Gattuso?
«Eusebio l’equilibrio nei momenti complicati, come le scorse settimane. Rino la fase difensiva: c’è del gran lavoro dietro i pochi gol presi».

Da portiere a portiere: che succederà a Donnarumma?
«Non lo so, ma so cosa vorrei: vederlo al Milan fino a fine carriera».

Roma-Milan, allora: lei per chi tiferà?
«Ho sempre tifato Roma, ma sono molto diviso. Le posso dire però per chi tiferò mercoledì in Coppa Italia tra Milan e Lazio…».

Lasci stare, è intuibile.

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