Ambiente Capitale

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AS ROMA MATCH PROGRAM (T.Riccardi) – Se ne parla spesso, viene menzionato più volte, ma mai si entra nel dettaglio. Mai si approfondisce e si apre un dibattito al riguardo. Anzi, quando qualcuno azzarda a tirare in ballo le due parole magiche, “ambiente romano”, ci si affretta a minimizzare e a spostare altrove il mirino della critica. “Mica l’ambiente scende in campo con i calciatori. L’ambiente non esiste”, è la frase standard che viene ripetuta da anni. Non se ne può parlare, a Roma. Nella stessa Roma dove si può criticare tutto e tutti (giustamente). Nella stessa Roma dove il pettegolezzo e il chiacchiericcio sterile la fanno da padroni (meno giustamente). Ma l’ambiente no. Guai a tirarlo in ballo. Nemmeno fosse un “tabù” per chissà quale motivo. È un fantasma. È lesa maestà.

Non sarà un fattore determinante ai fini calcistici, ma se ne può discutere. Se ne deve discutere. Per ambiente si può definire tutto ciò che di mediatico gira intorno all’AS Roma (giornali, radio, social) e che finisce per condizionare l’umore di una piazza già di per sé passionale e volubile per definizione. Uno degli ultimi, in ordine di tempo, ad accorgersi di questo fattore è stato proprio Rudi Garcia in una conferenza stampa di qualche mese fa: “Roma è la piazza più difficile al mondo, ma si può ancora vincere. Io sono qui per conquistare titoli”, il pensiero del tecnico francese. Forse esagerato, forse troppo o forse no. Ci sarà un motivo, ad esempio, per cui Fabio Capello, il tecnico del terzo e ultimo scudetto, lo dichiara in ogni intervista: “Chi conosce l’ambiente romano sa che le radio influenzano sempre in un modo o nell’altro l’ambiente e questo rende tutto più complicato”.

Complicata è stata anche l’esperienza a Roma di Seydou Doumbia, l’attaccante ivoriano arrivato a gennaio 2015, con un record ancora imbattuto: fischiato dall’Olimpico alla prima uscita ufficiale con il Parma. Bruciato subito, senza appello, per un’ora abbondante di gioco. Da allora Doumbia non ha fatto breccia nel cuore di nessun romanista nonostante un paio di gol utili per entrare in Champions League. Tornato in Russia da dove era venuto (CSKA Mosca), l’ex centravanti ha ritrovato la vena realizzativa e la voglia di giocare a calcio. “A Roma non scendevo in campo con entusiasmo”, le sue recenti parole. Nel frattempo, ecco i numeri aggiornati di Doumbia: 3 gol in 5 apparizioni in campionato; 3 gol nei preliminari di Champions, pesantissimi perché hanno spinto i russi alla fase a gironi della massima competizione europea. Chissà, in un’altra “piazza”, a Mosca, avranno fatto festa per Doumbia.

A proposito di fischi, qualcosa di anomalo lo ha notato pure Radja Nainggolan durante Roma-Atalanta del campionato passato. La Roma è avanti nel risultato, ma viene comunque fischiata per un ritmo di gioco non esaltante. “Sentivo che ci fischiavano pure quando stavamo in vantaggio. Tutto questo non aiuta e non ci fa giocare sereni”. E la partita finisce 1-1. Daniele De Rossi sull’argomento “ambiente” non si è mai tirato indietro. Nel dicembre 2010, per difendere il portiere Doni, che veniva menzionato in radio con termini poco lusinghieri, si espose a tal punto da definire “papponi” coloro che avevano messo in dubbio le qualità dell’estremo difensore con argomentazioni risibili. Una campagna che portò Doni ad avere detrattori in città. Così come quando qualcuno azzardò a mettere in contrapposizione i due capitani, ovvero Totti e De Rossi. La replica di Daniele non si fece attendere: “In questa città un po’ strana qualcuno ha provato a raccontare la storia di me e di lui contro, per dare forza alle sue tesi. Ma sono maiali col microfono e restano maiali col microfono”. De Rossi non le ha mandate a dire nemmeno quando ha commentato il ritorno di Luis Enrique nella Capitale da tecnico del Barcellona: “Se allena questa squadra, vincendo tutto, non era certo lo scemo del villaggio. E non ero nemmeno io matto che vedevo in lui delle qualità, definendolo il miglior tecnico mai avuto in carriera. Evidentemente non c’era interesse nella stampa a sponsorizzarlo”. Lo stesso Luis Enrique che, nella conferenza di congedo, avvertì: “Lo dico per chi verrà dopo di me, questo è un posto che ha bisogno di un po’ d’aiuto”.

Quell’anno, inoltre, successe pure che la trasmissione di Italia1, “Le iene”, realizzò una contro inchiesta per smascherare alcuni comunicatori radiofonici capitolini in possesso di un falso “dossier” realizzato per mettere in cattiva luce l’allora consigliere di amministrazione della Roma, Mauro Baldissoni, e l’ex dg Franco Baldini. I due dovevano passare per “massoni” impegnati in “triplici fraterni abbracci”. Il piano era far circolare trascrizioni inventate di sms e conversazioni telefoniche mai intercettate perché mai avvenute. La vicenda – dopo aver avuto la grancassa televisiva che ridicolizzò gli autori del “dossier” – finì rapidamente in tribunale, senza particolari conseguenze per nessuno, dato che il pm Paola Filippi liquidò il caso definendo lo stesso faldone “manifesta e ridicola mondezza”.

Cronaca e storie degli ultimi cinque anni. Un periodo che ha visto registrare la rapida ascesa del fenomeno social network, diventati via via sempre più sfogatoio libero per i tifosi. Anche più delle radio dove ogni ascoltatore può intervenire per dire la sua verità. Ma via etere le parole le porta via il vento. Leggerle nero su biano su Facebook, Twitter o Instagram fa tutto un altro effetto. Pure se a scriverle è un qualsiasi “Lupacchiotto83” senza foto o descrizioni particolari nella bio. Non incideranno certo su un risultato sportivo, ma creano “ambiente”. Creano un “humus” che non si vede, ma si percepisce e sfocia la domenica allo stadio (vedi caso Doumbia). Non a caso alcuni quotidiani hanno più volte legittimato i commenti sui social riportandoli su articoli di cronaca romanista. Una piazza difficile da gestire, a sentire tante campane. Pure quella di Federico Balzaretti, che ha toccato l’argomento nella conferenza di addio al calcio: “La squadra deve crescere, ma deve crescere pure l’ambiente. L’obiettivo si raggiunge se si rema tutti dalla stessa parte”. Ecco perché di “ambiente romano” si può e si deve parlare. Nessuno si senta offeso.

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