Amadei calciatore: dagli esordi, al tricolore, fino all’esilio napoletano

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Il Fornaretto: così è noto al grande pubblico calcistico Amedeo Amadei. Si forma nelle giovanili della Roma, per poi essere inviato a maturare a Bergamo, in serie B. Quanto torna a casa, si trova davanti un mito del calcio sudamericano dell’epoca, Provvidente. La sua fortuna è che lo stesso è subito entrato in rotta di collisione con l’esigente ed iconoclasta pubblico romanista, al quale si è presentato con una spavalderia degna di ben altro esito. Durante una partita, l’argentino, che non volteggia propriamente come una libellula, ma si muove con una certa lentezza che rasenta la pesantezza, viene letteralmente fulminato da un calcio alla testa. Quando si rialza, del tutto rintronato, dagli spalti si alza il terribile coro che ne sancisce la fine dell’esperienza italiana: “Provolone, provolone”! E’ la fortuna di Amadei e della Roma, poichè il ragazzino dimostra di saperci fare e di essere un vero asso.

 

La sua caratteristica principale, è la rapidità e il modo di disporsi delle squadre italiane col nuovo Sistema, che lascia ancora dei buchi clamorosi in difesa, lo agevola non poco. Nel 1941-42, si trasforma in una vera furia e ogni volta che tocca palla, per gli avversari sono dolori. Poi, nell’annata successiva, arriva un episodio che rischia di troncarne prematuramente la carriera. Durante la semifinale di Coppa Italia, tra Roma e Torino, l’arbitro, il fiorentino Pizziolo convalida una rete palesemente irregolare. Nel capannello che gli si crea intorno, è vittima di un calcione e, poichè non si riesce a trovare l’autore del misfatto, la Federazione punisce il capitano della squadra, Amadei appunto, con la radiazione. E’ un periodo terribile per lui, poichè un bombardamento alleato gli ha raso al suolo il forno di Frascati, ma alla fine tutto si risolve con una amnistia e lui può tornare a giocare. La Roma del dopoguerra, però, è un disastro. Mancano i mezzi finanziari e la squadra è lontana parente di quella che duellava con le grandi. Lui pone l’aut aut: o si rinforza la squadra o se ne va. Tra l’altro, giocando nella Roma, viene palesemente trascurato da Pozzo in Nazionale, nonostante le valanghe di reti che segna. Alla fine, la Roma decide di cederlo e lui se ne va a Milano, mentre i giallorossi precipitano ulteriormente, sino a cadere per la prima e ultima volta in serie B. E, incredibile, appena indossa la maglia dell’Inter, per lui si spalancano le porte azzurre. Dopo due stagioni a Milano, condite da 42 reti, è il Napoli a farsi avanti e all’ombra del Vesuvio va a trascorrere l’ultima parte di carriera, prima di intraprendere quella di allenatore. In carriera ha collezionato 423 presenze in Serie A realizzando 174 reti.

 

Oggi ci lascia con la Roma nel cuore. Arrivederci, grande bandiera giallorossa

 

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