Alisson, Kolarov e Dzeko: ecco gli intoccabili di Di Francesco

Repubblica.it (M.Cuppini)Sergio Leone col suo “Il buono, il brutto, il cattivo” ha dato vita a uno dei più celebri western della storia del cinema. Ma pure Eusebio Di Francesco non scherza. Perché lui, un terzetto di intoccabili ce l’ha in campo. Sì perché mentre tutto cambia, si evolve, si modifica, in perfetta regola col ‘Panta rei‘ di Eraclito per cui non ci si può bagnare due volte con le acque dello stesso fiume, e quindi su per giù nemmeno giocare 2 partite con gli stessi interpreti, loro sono sempre lì: infaticabili e sempre più punti fermi di una Roma che ha imparato a conoscere bene il turnover ma non a fare a meno dei suoi uomini chiave. Alisson, “il buono”. Kolarov, “il brutto”. Dzeko, “il cattivo”. Sono loro gli stakanovisti a cui Di Francesco non fa mai tirare il fiato.

ALISSON, IL BUONO – Il portiere brasiliano che lo scorso anno era rimasto a guardare Szczesny, giocando solo in Europa League e Coppa Italia, in stagione ha messo insieme 720 minuti (praticamente tutti quelli giocati dalla Roma), con un rendimento da vero top player che giustifica gli 8 milioni spesi l’estate scorsa per prelevarlo dall’Internacional di Porto Alegre. Portiere della nazionale brasiliana che in patria godeva già di un’ottima reputazione, Alisson ha saputo aspettare il suo momento senza fiatare: indicatore di forza e carattere in un calcio in cui le decisioni dei tecnici vengono sempre più contestate in ragione di una presunta superiorità garantita da guanti e scarpini. Dai miracoli con l’Atletico Madrid alle parate decisive contro Milan, il ragazzone brasiliano col viso pulito e lo sguardo limpido ha messo d’accordo proprio tutti, compresi i musi lunghi per la partenza di Szczesny, ormai un lontano ricordo.

KOLAROV, IL BRUTTO – Dicono che “giochi con la faccia“. Che quando sfreccia sulla corsia sinistra gli avversari hanno paura solo a guardarlo. Sopracciglio alzato, sguardo cupo e uno strapotere fisico tipico del calcio inglese che lui conosce benissimo. Arrivato tra lo scetticismo generale, più per i suoi trascorsi laziali che per le sue qualità (su quelle c’è veramente poco da discutere), Kolarov è diventato presto un insostituibile e non solo perché il suo alter-ego Emerson Palmieri è ancora fermo ai box. In stagione ha giocato 704 minuti, tirando il fiato solo nei 16′ finali con l’Udinese (al suo posto Moreno colpevole del gol di Larsen al 90′), ed ha realizzato un gol, 2 assist oltre a propiziare l’autorete di Venuti nel match col Benevento. Davvero difficile chiedergli di più.

DZEKO, IL CATTIVO – C’era chi lo accusava di scarsa cattiveria sotto porta. C’era chi si divertiva con meme che lo vedevano con occhiali scuri e bastone. Lui, Edin Dzeko ha risposto come sempre sul campo: 7 reti in sei partite di A, in media una ogni 74 minuti, meglio di Mertens, Icardi, Belotti e Higuain (in gol ogni 78′, 104′, 210′ e 173′). Di Francesco in stagione si è privato di lui solo gli ultimi 20′ con l’Udinese quando il risultato era già in cassaforte ed Edin aveva già timbrato il cartellino oltre a favorire il gol di El Shaarawy. Gli infortuni di Defrel e Schick e il suo stato di forma suggeriscono che il bosniaco sarà ancora l’uomo su cui il tecnico punterà per le prossime partite. E i numeri, ancora una volta, gli danno ragione. Altro che bastone e occhialoni scuri…

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