Tuttosport – De Rossi senior: “Ho rinunciato alla Roma dei grandi per amore di Daniele”

Modesto, vincente, padre e allenatore. O più semplicemente Alberto De Rossi. A livello giovanile è probabilmente il più bravo di tutti ma guai a dirglielo: abbozza un timido sorriso e cambia discorso. Lo scorso anno il suo «No, grazie» alla proposta di allenare la Roma dei big, ha cambiato la vita di Vincenzo Montella e Andrea Stramaccioni. Un no, dettato dall’amore «per i giovani e dalla consapevolezza che nel calcio degli adulti c’è molta impazienza e poca voglia di costruire» ma anche dal fatto che «essere il tecnico di una squadra dove gioca Daniele sarebbe impossibile. Più per lui che per me». Allenatore e padre, dunque.

De Rossi, l’altra sera durante i festeggiamenti per la vittoria della coppa Italia Primavera, lei si è seduto da solo in panchina e ci è rimasto per qualche minuto. A cosa pensava? «Mi sono voluto godere il momento. Per una volta ho vestito i panni dello spettatore. Vedevo i miei ragazzi gioire, la gente esultare, l’Olimpico pieno. E’ stata un’emozione fortissima anche perché abbiamo vinto contro una squadra formidabile come la Juventus, che ha tanti ragazzi promettenti: da Chibsah a Spinazzola, senza dimenticare Gouano, Beltrame e Untersee».

A proposito della Juventus: le piaceva più il filone italiano o la nuova era con tanti ragazzi stranieri? «A Torino hanno sempre lavorato benissimo con i giovani. Ho avuto il piacere di confrontarmi con loro quando avevano Marchisio, Mirante, Giovinco, Criscito e De Ceglie. Ora hanno cambiato rotta: con la globalizzazione penso sia normale. Anche noi abbiamo inserito Tallo, Lopez e Nego: l’importante è che siano bravi».

E’ d’accordo con la proposta di far giocare le squadre B dei grandi club nella Lega Pro? «Certamente, è un’esperienza che potrebbe formare i giovani prima e meglio. Altrimenti il salto dalla Primavera alla prima squadra rischia di diventare traumatico».

Cosa ha provato quando ha letto che l’Inter ha vinto la Champions League Primavera? «Non si tratta di Champions League – sorride – altrimenti la Roma avrebbe partecipato di diritto. Anzi, saremmo stati i primi ad essere invitati visto che siamo campioni d’Italia e abbiamo il settore giovanile che ha dato più giovani alla serie A. Si tratta di un torneo (Next Generations Series, ndc) di livello ma non è certo la Champions».

Come è cambiato il rapporto con l’allenatore della prima squadra dall’arrivo di Luis Enrique? «Mi trovo benissimo. Un rapporto del genere in passato ero riuscito ad instaurarlo solamente con Spalletti. Ci confrontiamo spesso».

Quando sarà possibile vedere la Primavera giocare con lo stesso modulo della prima squadra? «Non lo so ma l’idea è condivisa da Sabatini che ha già voluto inserire nel contesto dei ‘grandi’ sia la Primavera che gli Allievi Nazionali».

Lo scorso anno, quando andò via Ranieri, le venne proposto di allenare la prima squadra ma lei rifiutò. Dipese dal fatto che in rosa c’è suo figlio Daniele? «(Lunga pausa) A me interessa poco il calcio dei grandi. Ogni anno arrivano proposte da società di serie B e Lega Pro ma preferisco continuare a coltivare la passione per i giovani. Non è una mancanza di ambizione ma la convinzione di avere delle qualità che ben si sposano con quello che sto facendo ora. Non mi ci vedo nel calcio professionistico: c’è ben poca costruzione e molta impazienza. Un modo di pensare che non si sposa con le mie idee».

Ci riprovo: lei non ha mai allenato suo figlio Daniele. Un caso o una scelta? «Un paio di volte ci sono andato vicino ma ho sempre rifiutato. Ritengo che non sia possibile per un padre allenare un figlio. Sarebbe una situazione insostenibile soprattutto per lui. Non allenerò mai Daniele. Il compito di un padre è quello di mettere il figlio in condizione di vivere con serenità e tranquillità. Quindi un padre deve fare il padre, non l’allenatore».

Il suo prossimo obiettivo? «Rimane il solito: portare più giovani possibili in prima squadra. Lo so, sono strano vero?».
Tuttosport – Stefano Carina

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