“A De Vito soldi da Parnasi per finanziare Lombardi”. E lui in cella: “Brutta aria”

Marcello De Vito non è mai stato un tipo loquace. Carattere ombroso, sempre attento a centellinare le parole, dacché ha varcato la soglia di Regina Coeli sembra essersi chiuso ancora di più. Per uno che fino a ieri guidava l’assemblea capitolina la prima notte in prigione dev’essere stata un trauma. Le accuse sono pesanti. E rischiano di travolgere, oltre a lui, altri pezzi del M5S. A cominciare dalla cordata nazionale di cui faceva parte, e che fa capo a Roberta Lombardi: nelle carte dei pm De Vito e accusato di aver ricevuto soldi dal costruttore Parnasi per la campagna delle regionali 2018, dove Lombardi correva da candidata presidente. De Vito divide la cella nel reparto “nuovi arrivati” con un ragazzo di colore. Quando alle sette di sera la deputata pd Patrizia Prestipino passa lì davanti lui le lancia un’occhiata stupita: “Ci conosciamo, vero?” sorride. Tuta grigia e occhiali, «ho un gran mal di testa, e possibile avere un Aulin?» chiede ai secondini. “E mi raccomando lo spesino”, aggiunge. La lista dei generi di prima necessità, a partire dalle amate sigarette, sono fondamentali in un posto cosi. «Come stai?» domanda la parlamentare. “Ma si dai, ce la posso fare, chiarirò tutto, tornerò a casa presto” replica di getto: “Certo tira proprio una brutta aria fuori”, si lascia andare. L’unico momento di cedimento. Quello che non ha invece mostrato davanti ai magistrati venuti a interrogarlo: si e avvalso della facoltà di non rispondere, “gliel’ho consigliato io per darmi il tempo di organizzare la difesa”, preciserà poi l’avvocato. “Sono dispiaciuto, ma sereno” ripete De Vito. “Noi siamo garantisti”, cerca di rassicurarlo Prestipino, “si è colpevoli solo dopo il terzo grado di giudizio, forse anche voi del M5S dovreste riflettere”. Ma l’ormai ex presidente dell’Aula Giulio Cesare guarda altrove. Gli sviluppi dell’inchiesta – La chiave di tutto erano le fatture per operazioni inesistenti, il metodo col quale i costruttori finanziavano De Vito per il tramite dell’avvocato Camillo Mezzacapo. Che il legame tra i due fosse molto stretto lo ha spiegato lo stesso Luca Parnasi, il costruttore finito in manette a giugno, dalle cui dichiarazioni e scaturito questo secondo filone di inchiesta. Spiega l’imprenditore ai pm, in un verbale riportato in un’informativa dei carabinieri del nucleo investigativo: “Conobbi Mezzacapo in occasione di un incontro con De Vito da Vanni… Ho percepito immediatamente che De Vito gradisse l’avvio di un rapporto professionale con lo studio Mezzacapo, ma voglio precisare che non c’è stata alcuna imposizione in tal senso. De Vito, pur non avendomi detto nulla, ha sponsorizzato, sin da quel primo incontro, la nascita del nostro rapporto professionale». Lo riportaLa Repubblica.

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