Szczesny. Col muro polacco non si passa più

Corriere dello Sport (R.Maida) – Il muro si alza all’improvviso, come una molla. La palla cambia direzione, alla ricerca inconsapevole del buco, ma il guantone polacco salta di qua e di là impedendole di infilarsi in porta, rivelandosi insufficiente a rovinare la domenica della Roma.

MOSTRO – Anche a Genova, mentre ascoltava gli improperi della Gradinata Nord, Wojciech Szczesny è stato il salvavita della squadra con tre parate decisive, una delle quali a tempo scaduto su Ocampos. Prima di Natale aveva provocato e poi disinnescato un rigore, contro Niang del Milan, e aveva evitato figuracce ai compagni a Torino nella sfida-scudetto con la Juve. Non si è accontentato: è tornato dalle vacanze a Singapore, dove pubblicava foto da nababbo in una suite sul mare, ancora più determinato di prima. Peccato che il suo futuro, la sua realtà, dal primo luglio in poi sarà all’Arsenal: non c’è solo Spalletti ad applaudirne i progressi ma anche Arsene Wenger che lo rivuole alla casa madre.

CRESCITA –  Szczesny super, allora. Ma sarebbe ingiusto attribuire soltanto al portiere, ultimo baluardo di un’organizzazione, tutti i meriti della ritrovata solidità difensiva della squadra, che nelle ultime cinque partite ha incassato due gol e con un graduale rafforzamento ha scalato la classifica di specialità, issandosi al secondo posto come numero di reti subite dopo la Juventus. Il miglioramento della stabilità del telaio, oltre che all’ottima vena del portiere, dipende dall’inserimento fisso in formazione di un altro centrale puro che ha esaltato il piede e il carisma di Fazio, padrone incontrastato del meccanismo. Tutto, con il dispositivo a tre difensori, adesso funziona in automatico. Tanto che a Marassi, dove Spalletti ha rinunciato inizialmente all’acciaccato Manolas dopo essere stato costretto a lasciare a casa Vermaelen, persino il bistrattato Juan Jesus ha fatto la sua parte con ordine. Nel finale, addirittura, la Roma ha difeso a cinque con Rudiger esterno destro per congelare la vittoria. Se è vero che gli scudetti si vincono a colpi di 1-0 questo gruppo sembra aver imparato la lezione, dimostrandosi autoritario anche in trasferta: a distanza dall‘Olimpico, non vinceva dal 26 ottobre (Sassuolo).

APPLAUSI – Di questa Roma solida è orgoglioso Daniele De Rossi, che con il suo ruolo di patina davanti alla difesa contribuisce ad aumentare il livello di sicurezza: «Siamo stati bravissimi, molto attenti alla fase difensiva, concedendo poco. A volte per vincere devi indossare gli scarponi da lavoro… Il rientro di Rüdiger ha aggiunto centimetri importanti. E presto riavremo Mario Rui, Vermaelen e Florenzi. La squadra ha avuto tanti periodi negativi ma è stata anche condizionata dagli infortuni». In cuor suo, conoscendo le potenzialità della Roma, non ha smesso di sperare alla rincorsa alla Juve: «Negli spogliatoi facevamo le classiche tabelle. Quelle che, se rispettate, ci avrebbero consegnato 15 o 16 scudetti (ride, ndi). Ma il campionato è ancora lungo, tutto è possibile. L’importante sarà insistere su questa strada perché la partita di Udine sarà ancora più difficile». De Rossi la salterà per squalifica: «Non avevo nemmeno protestato, eppure l’arbitro aveva il cartellino in mano. Forse è colpa del mio passato, quando ero un po’ fastidioso nelle proteste, ma non è stata la prima ammonizione strana di questo campionato».

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