Spalletti: “Non escludo il ritorno. I fischi di domenica mi hanno fatto male. Nessuna guerra con Totti. Lascio una Roma forte” – VIDEO

Pagine Romaniste (Da Trigoria F.Biafora) – Luciano Spalletti, ormai ex allenatore della Roma, ha parlato in conferenza stampa per annunciare il suo addio alla panchina giallorossa. Il mister è stato accompagnato da Monchi e da tutto lo staff. Queste le sue parole:

Comincia a parlare Monchi: “Buongiorno, ci tenevo molto e ci tengo ad aprire la conferenza stampa che annuncia la conclusione del rapporto di lavoro tra la società e il mister. E’ stato un rapporto breve, poco più di un mese, un mese e una manciata di giorni, ma molto intenso. Come ho avuto modo di dire, nella prima conferenza stampa, sono arrivato avendo una grande opinione del mister, oggi, dopo aver lavorato con lui e averlo visto allenare, ora questa opinione è cresciuta sia a livello personale sia professionale. Oggi si chiude una tappa per la quale siamo estremamente grati al mister per i risultati ottenuti che parlano da se e che dimostrano le sue capacità, oggi inizia una nuova tappa, che ci vede determinati a crescere, non ho dubbi ci riusciremo con l’unica strada che conosciamo che è quella del lavoro. Spero che un giorno che le nostre strade professionali possano incrociarsi e che avremo l’occasione di lavorare insieme. Luciano, Trigoria è, è stata e sarà casa tua“.

Risponde Spalletti emozionato: “Sono state parole bellissime, proprio avendolo conosciuto e avendo avuto a che fare con lui per la sua qualità di persona e di professionista anche per me sarà sicuramente un rimpianto non poter continuare a lavorare con lui. Io penso che soprattutto in questo momento, con l’addio di Francesco, c’è bisogno di punti di riferimento, di persone forti, che hanno personalità, che hanno poi una professionalità spiccata nel confronto con gli addetti ai lavori. Monchi ha queste qualità e queste caratteristiche. Sono convinto che lui riuscirà a compattare tutte le risorse della Roma, dove probabilmente non ci sono riuscito io. Se si riesce a compattarle tutte sarà una Roma fortissima. Grazie direttore“.

Ringraziamenti di Spalletti: “Prima bisogna ringraziare tutte quelle persone avute vicino. Il primo pensiero va al dietro le quinte, a quelli da quest’ala qua sono arrivati sopra gli uffici, che mi hanno dato una mano importante, che mi sono stati sempre vicini, a quelli che arrivano prima, a quelli che lavorano, a quelli che ci preparano tutte le cose affinché per noi sia tutto più facili, si è sempre parlato di questa squadra come invisibile. Loro hanno un’importanza maggiore in quello che è il mio ringraziamento, senza il loro contributo sarebbe stato difficile per me, un po’ disordinato come sono, ritrovare le cose a posto come mi hanno messo loro sempre. Parlo di quelli normalissimi, quei ragazzi di chi sta in cucina, delle donne delle pulizie, di tutte quelle persone che poi viaggiano a fari spenti per i corridoi di Trigoria. Come detto prima, noi gli rovesciamo tutto e loro ce lo fanno trovare tutto a posto e tutto molto ordinato. Poi naturalmente i calciatori, la società, il mio staff, tutti gli staff che ci sono. Nella Roma oltre ai calciatori ci sono tantissimi grandi professionisti, è grazie a loro che secondo me si lascia una Roma che può guardare al futuro, una Roma sicuramente forte“.

Il bilancio tecnico di questa stagione? Che voto dà?
Io non devo dare un voto, lo dovete dare voi, dovete andare a valutare se abbiamo vinto, se abbiamo perso, se è corretto il risultato che abbiamo avuto, se potevamo fare di più, se sono state troppe le sconfitte o i punti fatti, io non ci voglio entrare proprio. Voglio solo dire che ho lavorato in una maniera profonda e seria, cercando di fare il bene della Roma. E’ chiaro che ho il mio metodo e il mio modo di fare, io mi fido di questo per cui ho tentato di metterlo in pratica, nei vari passaggi siamo arrivati a questo punto. Ognuno nella sua testa gli dia la risultanza che vuole, l’importanza che vuole ad una sconfitta o ad una vittoria. Io ho gioito e sofferto molto in questi eventi che ci sono capitati durante la stagione.

Ci sono tre fotografie che porta con sé di questi 18 mesi?
Sono quei risultati che hanno fatto un po’ la differenza, i risultati sono un po’ tutto nel calcio purtroppo. La fotografia migliore è la serietà del gruppo, tutte le mattine che mi sono venuti davanti per impostare il lavoro giornaliero. Quello è il passaporto per fare un buon campionato, il biglietto per confrontarsi a testa alta contro qualsiasi avversario con chiunque. Se non lavori in maniera seria e corretta è impossibile arrivare la domenica e fare buone prestazioni e buoni risultati. Il lavoro sul campo ha un valore assoluto. Per cui il lavoro dei ragazzi e quei risultati che hanno fatto un po’ la differenza, sia nel bene che nel male.

Qual è l’elemento che gli rimarrà dentro con maggior fierezza?
Le cose sono sempre le stesse, io devo sempre passare attraverso la qualità di un modo di lavorare e di parlare, il riuscire a far rendere conto ai calciatori qual è il nostro obiettivo. Viene coinvolta la vita del calciatore e la vita professionale e personale. Se non c’è un coinvolgimento, una disponibilità a buttar dentro quelle qualità che ci vogliono per andare a confrontarsi con grandi squadra poi diventa difficile. Nel momento in cui ho preso la Roma, e io non mi ero distaccato totalmente dalla Roma quando ero in Russia, ero sempre lì a guardare i risultati e le prestazioni che hanno un valore più importante, secondo me abbiamo lavorato in maniera corretta e seria. Poi in questo lavoro ci sono dei passaggi fondamentali, dei risultati e degli episodi fondamentali, ma la cosa più importante è che secondo me lasciamo una Roma forte, abbiamo una Roma forte, lascio una Roma forte. E’ una squadra con individualità importanti, si è comportata quasi totalmente da collettivo. Si poteva far meglio come collettivo, come obiettivo di tutti, probabilmente lì non ci sono riuscito, perché poi secondo me non abbiamo remato tutti dalla stessa parte. Come si è visto domenica le potenzialità di questa squadra e di questa società sono importanti, di questo movimento, di questa marea, di questo sentimento delle persone che ci stanno intorno. Magari proprio ripartendo da lì, dalla partita di domenica, dove poi per certi versi sembrava una festa e per altri un addio, perché c’è stato l’addio al calcio giocato del grandissimo fenomeno calcistico che è Totti. Però lì si è rivisto rinascere. E’ come una bella donna che ha in grembo qualcosa, che può rinascere, che può venir fuori quel sostegno totale tutti insieme verso una direzione che racchiuda tutte queste potenzialità e potenzialità che ha l’ambiente della Roma. E’ un ambiente molto forte e molto bello, mi dispiace lasciarlo.

C’è un momento che cancellerebbe se tornasse indietro? Magari anche un suo errore…
Io di errori probabilmente ne ho fatti, non lo so, giudicateli voi, io mi sono comportato con coerenza. Ho detto delle cose forti in alcuni momenti, ma se le ho dette necessitava il momento di qualcosa di forte. Sia per il rapporto con la società, che è un rapporto importante con la società, ma soprattutto quello con la squadra. Quelli sono i momenti fondamentali, quelli che smuovono. La dichiarazione è quella che non fa bene al gruppo, qualcuno può aver detto e dire ora, ma se fosse stato dentro al nostro rapporto si accorgerebbe che era corretta in quel punto lì. Ora non si può tornare indietro, io i fischi di domenica li ho sentiti, anzi li ho presentiti, anche prima di domenica, li ho percepiti. Quelli non vengono dalla mia coscienza, ma vengono dalla coscienza qualcuno che ha voluto frapporre una guerra interna tra me e Totti che non esiste, quei fischi non me li merito, per come sono fatto e per come ho lavorato. Si è andati avanti in questa storia, è chiaro che crea una linea di demarcazione, che può essere una difficoltà per la Roma futura, che io non voglio dargli, io spero solo una cosa: che ora si faccia un lavoro diverso, c’è un Totti di meno, c’è da sopperire alle qualità dell’uomo e del calciatore, alle qualità che lui ha sempre fatto vedere e che voi avete scritto ripetutamente. Bisogna riuscire a far qualcosa di differente perché questa cosa che stava nascendo, che è nata domenica, che è stata una cosa un po’ folle, anche come la partita, si è visto il gol che abbiamo preso dopo il nostro, figlia di queste cose importantissime come l’addio di Francesco, questa massa di persone che ha partecipato dal punto di vista emotivo ed ha fatto vedere l’amore per la Roma, senza barriere. Anche quella è stata una storia durata troppo, ci hanno tolto energie, l’unità che poi diventa fondamentale, diventa la forza della Roma. Qualsiasi calciatore della Roma può diventare un campione, perché ci sono le potenzialità che abbiamo visto domenica. Spero che questa sia la linea che ci compatta tutti e spero che la Roma possa fare risultati migliori. Io con Francesco rimango amico anche dopo, si va a cena insieme, si parla delle scelte da fare in base al momento ed alla felicità del calciatore, uno ci rimane male e l’altro bene, io e Francesco continueremo ad essere persone che si rispettano in tutto e per tutto. Poi se parla qualche ventriloquo non lo so, ma io con lui sempre parole corrette, giuste e ho stima reciproca, anche nel prendere decisioni che poi sono dispiaciute prima di tutto a me.

Vai via perché più di quanto fatto non si può fare?
No, mi sembra di averlo spiegato perché vado via. Gli allenatori vanno e vengono, ognuno decide con la sua testa, non c’è un risultato solo che determina il tutto, io sono fatto così, posso essere un maledetto, uno schifoso, ma sono una persona per bene, che fa le cose fatte per bene, per quello che è il valore del lavoro e la qualità che bisogna esibire. Da 20 anni faccio questo lavoro, mi fido di me, non mi faccio condizionare da chi mi vorrebbe suggerire qualcosa, sapendo che va a suggerirmi un inganno per la Roma. Io vado dritto per la mia strada, faccio le cose per il bene della Roma. Ognuno deciderà se sono fatte bene o male, voi decidete come volete, avete la possibilità di trasportare fuori quello che è un discorso probabilmente più diretto, avete la possibilità di stare a contatto con noi e i calciatori, di parlargli, ma fuori la gente si fa l’idea loro, ma ci sono contatti anche fuori. Fuori trovo continui sportivi della Roma, continue persone contro la Roma, ci si parla e traspare che persona sei, come sei fatto e che obiettivi hai. I miei obiettivi sono stati quelli di fare più risultati possibili per la Roma, senza nessun altro, purtroppo io ho il mio ruolo. Non so se sono stati corretti o scorretti, ognuno valuta come vuole lui. Continuo su questa linea.

Perché il rapporto si interrompe quindi?
La situazione che si è venuta a creare disturba, mi dispiace, la divisione mi dispiace e probabilmente ho sbagliato qualcosa, ma secondo me non ho sbagliato niente, però vedo che poi ci sono tante persone che mi hanno fischiato, a me i fischi non sono piaciuti, mi hanno fatto male. Perché non me li merito. Se quelle persone io le incontrassi una per una e entrassero nella mia testa per un solo momento, quando abbiamo perso con il Lione, quando abbiamo perso con i nostri vicini di casa, ci sono due squadre qui a Roma, quando abbiamo perso con quella squadra di cui c’è qualcuno qui dentro. Abbiamo perso fondamentali, se loro fossero stati nella testa mia un solo minuto in quelle partite perse non avrebbero fischiato domenica.

Cosa manca in realtà sul campo alla Roma per vincere?
Quello è il limite che anche parlando del calcio in generale si può dare a questo sport. Lei è al di là e io al di qua. Secondo me per quello che ho detto pensavo di avere delle qualità dentro la squadra perché con i direttori precedenti, con il presidente abbiamo parlato e cercato di allestire, sempre facendo uso delle potenzialità che avevamo a disposizione. Poi ci sono anche gli altri, bisogna fare valutazioni obiettive, la Juventus ha meritato di vincere, non ha permesso di metterci mano a nessuno la Juventus. Poi c’erano altri obiettivi e possibilità per vincere, ma le abbiamo fallite quelle partite e quegli obiettivi. C’è un cambiamento un po’ di squadra, andando a cercare delle qualità che ti diano un po’ più forte. Ieri con Lo Monaco abbiamo cercato di entrare un po’ più nella partita. L’anno scorso la squadra era più corta, quest’anno si è allungata, avevamo calciatori, come Keita, che venivano a prendere la palla tra i piedi, era un maestro a muovere la palla nello stretto. Ora si danno meriti alla qualità del gioco del Napoli, noi l’anno scorso avevamo caratteristiche che assomigliavano molto, perché avevamo giocatori come Keita e Pjanic, maestri nel palleggio e nel fraseggio nello stretto. Quest’anno abbiamo fatto una strada diversa, la squadra si è allungata, ci sarà un calciatore forte ad andare dietro la linea difensiva, come Dzeko ha fatti tantissimi gol e anche quest’anno l’abbiamo messo in discussione questo ragazzo, perché in delle partite è sembrato al di sotto della prima punta della Roma. Immaginiamoci che potenzialità ha per il futuro. E’ un ragazzo sensibile e per bene, se quando fa gol Totti o un altro che ci piace si scrive che Dzeko vuole andare via lui a questo disturba. Lui dice ‘Che colpa ho io se non ho giocato?’. E’ sempre questa unità, questo corpo unico che va forte nella stessa direzione, la Roma, ed è un dato di fatto, è una squadra forte, traspare verso tutti con altrettante squadre forti. All’inizio del campionato Milan, Inter, Roma, Juventus e Napoli sono tutte pretendenti a vincere per la storia che hanno, ma poi c’è da percorrere una strada difficile e lunga, ci sono sterzate e prese di posizione da fare. Sono sicuro che con l’arrivo di Monchi, che è uno di campo, abituato a parlare lo stesso linguaggio dei calciatori e degli allenatori, ha vinto qualcosa negli ultimi anni, se si riesce a farlo lavorare per bene darà un contributo maggiore a questa squadra qui con le capacità che ha, con la voglia di Pallotta che ha. Perché poi non è detto che il calciatore più forte sia soltanto quello bravo l’anno precedente, ci sono anche altre qualità che vanno guardate, sennò Dzeko non sarebbe stato così quest’anno vedere.Vanno fatti lavorare con tranquillità, vanno fatti scegliere, tutti nella stessa direzione. Io ero arrivato secondo precedentemente, sono arrivato secondo quest’anno, non è andata bene come avrei voluto, però non vorrei sentir dire che questa seconda edizione è stata un’edizione di passaggio, ci sono dei contenuti importanti che vanno portati dietro per fare una Roma ancora più forte.

Nella gestione delle difficoltà si è sentito lasciato solo dalla società?
Sono pettegolezzi che non voglio fare, sono piccolezze, non mi è mai piaciuta questa linea qui. Qualche volta l’ho dovuta contestare. Nelle conferenze stampa non mi piace.

Chi è che non ha remato nella vostra direzione?
L’ho detto, ho parlato di questo, ho parlato della coscienza mia e di altri. Ho fatto il mio lavoro. Penso che Francesco sia un grandissimo calciatore, che lascia un vuoto difficilmente colmabile, se non facciamo gruppo e non ci compattiamo, e io spero che gli venga dato, come sembra che pensi anche il direttore, un ruolo importante per la storia che ha avuto e che ha, c’è ancora di più bisogno di fare gruppo e di stare uniti e vicini. L’esaltazione di un singolo elemento solo, portata ai massimi livelli, disturba l’elemento stesso nel calcio. Lui non l’ha subito perché è l’assoluto, è stato forte anche dentro questa esaltazione assoluta, si è preso lo stesso responsabilità, ma tutto ciò appiattisce gli altri. Quando io difendo gli altri per voi è andare contro di lui e non è così. Se non sono riuscito a fare questo vuol dire che ho fallito nella cosa più importante. La Roma ha potenzialità di strutture, ambientali, di forza di città e la prima cosa che volevo fare io è riuscire a compattarli per lo stesso obiettivo, non ci sono riuscito e mi dispiace.

Dal punto di vista sentimentale non le dispiace restare nell’immaginario collettivo come il nemico di Totti dopo aver fatto tanto bene alla Roma?
Come nemico di Totti fa sempre parte della coscienza di quello che lo vede il nostro rapporto, ora ti potrei citare qualcuno, se si va a sentire quei tre, quattro che avete sentito durante l’anno ripetono le stesse cose. Sono diventati dei ritornelli. Qualcuno mi ha mandato messaggi di comprensione della scelta fatta in alcuni momenti, ci sono dei dati tecnici che a stare di qua diventano fondamentali per fare delle scelte e portare avanti un discorso. Io quando sono arrivato la Roma era in difficoltà di gioco, non c’erano molti leader, non c’era una situazione che lasciasse vedere un’uscita veloce e repentina da questa situazione, per cui ho dovuto prendere delle decisioni, che hanno portato ad un percorso, dove probabilmente Francesco è stato fra quelli che ho ringraziato di più, avendolo penalizzato per averlo fatto giocare meno. Ma se lui ha giocato poco, e vorrei che non me ne volesse, e questa Roma ha fatto il record di punti della Roma ci sarà la possibilità anche di avere un altro modo di fare per arrivare alla vittoria, ma questo senza togliere niente a quello che è stato lui, che è stato un fenomeno, che ci ha fatto vedere giocate impossibili, delle anticipazioni e dalle giocate e dall’estro del campione si tira fuori il concetto di una squadra e che io non sapevo. Ci ho preso dentro le sue qualità per mostrare una strada ai compagni di squadra, poi è chiaro, c’è sempre la volontà di ognuno e il voler sintetizzare quello che ci pare.

Senza fischi col Genoa sarebbe rimasto alla Roma?
I fischi partono da lontano, da quando sono arrivato. Non cambia niente. Io la gente la incontro, mi aspettano a casa, fuori dal cancello, voi lo sapete che funziona così, c’è un modo di dire a Roma: gli allenatori non li mandiamo via quando sono a Roma, vanno via da soli. E’ un vostro modo di dire. C’è tutto questo contorno, che a me disturba un po’ meno, a qualcuno l’ha disturbato di più. Qualcuno, dopo tre mesi, ha smesso di lavorare con la testa per questo disturbo di averlo messo contro Totti. Volontà assoluta di creare un problema alla Roma. Per voi questo è andare contro Totti, ma io continuerò a dire così. Io con Totti resterò amico, anzi visto che ora ha deciso così, poi si renderà conto che il dopo è bello, perché il direttore gli farà vedere che il dopo è bello, diventeremo amici stretti. Chissà che non racconteremo una storia insieme e magari anche lui capirà che il fatto dell’esaltazione assoluta fa perdere qualsiasi contenuto e diventa solo un io, si toglie il noi alla squadra, si toglie la prima qualità che deve avere, per lui siamo giustamente stati tutti un po’ più disponibili verso gli altri. Per i calciatori non sono tutti uguali, sono differenti. Guardo chi viene prima, chi si impegna in allenamento, chi può dare la giocata, guardo tutte le componenti, io non so se voi le avete guardate tutto o una sola. Io vado via, si è parlato solo di questo dualismo, spero che continui Francesco se tutti si è d’accordo con questo, se la società è d’accordo, continui e non sono stato io quello che l’ha fatto smettere, perché non sono stato io, lui ha smesso da solo, anche l’età che ha gli impone di smettere, anzi, l’avrò fatto smettere o l’avrò fatto giocare un anno in più, vediamo e facciamo un sondaggio. Io gli ho fatto giocare un anno di più, gli ho voluto strabene.

La Roma è andata male nella settimana con gli impegni ravvicinati e lei l’aveva previsto perché non è riuscito a schivare quell’iceberg?
Perché non sono riuscito a lavorare bene quella squadra, non sono stato bravo a creare l’argine che impedisse di perdere quelle partite. Di errori ne ho commessi. Qualche volta bisogna giocare d’anticipo con la squadra. Dopo il derby perso si andava dietro all’idea collettiva che il Napoli avesse un calendario migliore del nostro, perché era così, in quella settimana del derby perso dentro gli spogliatoi si percepiva e si annusava questo timore, questa mancanza di trovare delle risorse che poi reagissero a questa sconfitta qui. Avevamo davanti il Milan e la Juventus, allora si è cominciato a lavorare a livello mentale per trovare un solo dei motivi del perché. Si è lavorato bene lì, poi siamo andati a Milano e la Roma è stata rimbalzato dal derby perso ed eravamo dentro San Siro. In quel momento lì ho commesso degli errori che hanno limitato la squadra. Se si vuol vedere come un limite quello che è successo nella sua totalità quest’anno, se è un mancato successo il fatto di non aver portato a casa titoli, state attenti perché erano passati degli anni e c’è il rischio che ne passino altri se non si fa un corretto dosaggio delle richieste che vogliamo fare ad una squadra e ad una società. Ci vogliono delle spiegazioni obiettive, bisogna far rendere conto e partecipare, ci deve essere un contatto diretto con la massa e con i cuori, senza che ci siano tramiti. Monchi, che è il responsabile tecnico della squadra, quello che conta ora, e il sentimento degli sportivi. Direttamente. Senza tanti mediatori. Spero che parli molto alla gente, a quelli che vogliono bene alla Roma, a quelli che hanno a cuore le sorti della Roma.

Quando intimamente ha pensato che non avrebbe continuato con la Roma?
E’ stato un pensiero che si è maturato con il percorso, non c’è stato un solo episodio. Dici delle cose che poi devi mantenere ed io da persona schifosa ma per bene dico delle cose e le mantengo. Esprimi delle idee e delle cose che devono venirti da dentro per avere un buon rapporto con la squadra. Io ho un rapporto bellissimo, pensavo di poter stimolare ancora di più questi calciatori perché ero convinto di vincere e l’ho detto. E’ chiaro che non puoi tornare indietro. C’è il carico di tutte quelle cose che vengono dopo. Anche io vengo preso a lavorare la mattina, molto presto, vado via tardi, a volte mi diverto in palestra con i collaboratori. Secondo noi stare insieme, con i fisioterapisti, col dottor Del Vescovo, coi collaboratori, ritrovarsi in palestra un’ora dopo l’allenamento, è un motivo per parlare, per ascoltare, per poter dire ognuno la sua e qualche cosa di importante viene sempre fuori. Ho passato lunghe giornate qui a Trigoria per cercare di sfruttare tutte le cose. E’ step dopo step che si matura, non è solo un episodio, non è il culo di vincere una partita. E’ un modo di ragionare, risultato di un modo di fare, di una follia ambientale positiva come quella di domenica, siamo stati coinvolti da questo straordinario evento, che ho filmato e che terrò con me.

Sabatini ha detto che lei è un candidato dell’Inter. Cosa deve pensare il tifoso quando vede che l’allenatore che si è guadagnato la Champions e va ad allenare una squadra neanche in Europa League? Quanto lascia tranquillo Di Francesco?
Ma Di Francesco è stato annunciato? Io sono una persona libera, faccio quello che voglio, prendo contatti con chi voglio, ricevo chiamate da chi voglio, ma da qui in avanti, a me interessava questo: finire in questa maniera di fronte a tutti quegli sportivi lì. Il direttore Monchi lo sa, ve lo racconta lui, poi l’idea che si fa la gente sulle mie scelte non lo so, ognuno reagirà come crede, come è giusto che sia. Quello che verrà detto non è che mi disturbi più di tanto. A volte si fa finta che qualcosa ti disturbi, perchè qui la Roma muove tante situazioni, per cui non mi interessa e non lo voglio neanche sapere, ognuno lo tiene per sé il pensiero. Io da qui in avanti comincio a parlare con quelli che vorranno fare uso della mia persona come allenatore, come metodo, come faccia, perchè si usa tutto per sapere che persona hai davanti. E’ una cosa normale e naturale. Vado fuori e telefono per parlare di calcio, ascolto se qualcuno mi vuole telefonare e organizzo il prossimo futuro in base a quello che mi propongo se mi piace, se non mi piace non mi organizzo.

Di Francesco?
Spero che sia uno tra Montella e Di Francesco il prossimo allenatore.

Di Francesco è la persona giusta per la Roma?
Il fatto di non aver rinforzato la squadra a gennaio è stato lo stimolo per andare da un’altra parte? Io spero che sia uno tra Montella e Di Francesco perché conoscono la Roma, hanno fatto vedere delle qualità umane che ci vogliono oltre a quelle di allenatore, a tutti e due il ricordo della Roma non è stato cancellato, nonostante gli sviluppi professionali. Mi vuoi far parlare male della società? Io ho ricevuto tutto quello che potevo ricevere. Io vengo ad allenare la Roma e mi interessano delle caratteristiche come possibilità e dico ci sto, non vado a dire mi hai detto una cosa per un’altra e via dicendo. In quel momento lì ho preso calciatori che a me stavano bene. C’era la possibilità di far entrare un calciatore e per difendere la mentalità e il carattere di un altro calciatore ho detto di lasciar stare. Ritenevo più importante il fatto di far stare tranquillo un calciatore invece di mettergli il dubbio della competizione con un altro che non lo ritenevo alla sua altezza. Pallotta, nel suo modo di fare sport e di essere presidente, perché viene da una realtà diversa, ha fatto vedere che vuole investire e vuole fare cose importanti. Pallotta vuol fare lo stadio per la Roma, si mette in dubbio che lo stadio lo faccia per interessi suoi? Qual è il dubbio che si vuol dare? Mannaggia ragazzi. Ridiciamolo: famo sto stadio. Diventa tutto più facile per la Roma e per il movimento calcio, per quelli che vogliono bene a questo sport e a questa squadra. E’ lì lo sbocco, la chiave per avere più introiti, più lavoro per le persone, più calciatori di qualità, più spettacolo per fare andare tutti allo stadio. Non sono le divisioni, le minacce o così via, si va a confrontarsi e chi ne ha di più, vinca.

Spalletti conclude la conferenza: “C’è una citazione di un cantautore romano importante: “Non escludo il ritorno” (Franco Califano, ndr). Mi garba questa cosa qui“.

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