Ultrà, la mano pesante della Procura, accusati di devastazione

scontri_BergamoNon ci sono precedenti: per la prima volta la Procura della Repubblica contesta a un gruppo di ultrà il reato di devastazione, che prevede pene dagli 8 ai 15 anni di reclusione ed è lo stesso, per citare un esempio recente, contestato agli antagonisti anarchici che nel 2012 sono stati condannati per i fatti del G8 di Genova, nel 2001. La mano pesante è del pubblico ministero di turno, Giancarlo Mancusi, che ieri ha trasmesso al giudice delle indagini preliminari Ciro Iacomino la richiesta di convalida degli arresti, con le accuse di violenza e resistenza pluriaggravate a pubblico ufficiale, danneggiamento e lesioni aggravate, per Matteo Bonomi, di Nembro, 32 anni, Federico Radaelli, 18, di Sorisole, Diego Urgnani, 30 anni, di Costa di Mezzate, Luca Bonfanti, 20, di Bergamo, Fabrizio Pezzotta, 32 anni, di Brembate, e Michael Regazzoni, 26, di Valtorta.

 

Contestualmente, il sostituto procuratore, per gli stessi sei indagati, ha già presentato la richiesta della custodia cautelare in carcere, in cui appunto si contesta la devastazione. Oggi alle 15, dopo gli interrogatori, la parola passerà al gip Iacomino, che deciderà, caso per caso, se convalidare gli arresti ed eventualmente se approvare la misura cautelare, confermando o respingendo l’accusa più grave mossa dal pm. I capi d’accusa valgono per tutti, non riguardano episodi specifici per ognuno degli arrestati: tutti, secondo la Digos e la Procura, avrebbero agito per «futili motivi», in «concorso morale e materiale tra loro e con il concorso di persone minorenni (due denunciati sotto i 18 anni, ndr)», facendo parte di quel gruppo di fuoco scalmanato e armato di bottiglie, pietre, e soprattutto bombe carta piene di chiodi, viti e bulloni di dimensioni industriali: almeno questa è la tesi della pubblica accusa.

Invece l’avvocato Federico Riva, specializzato in materia, che difende tutti e sei, ieri ha preferito non rilasciare dichiarazioni, mentre metteva a punto la strategia difensiva in vista degli interrogatori di oggi. Lo stesso legale, ha però presentato istanza al sostituto procuratore per acquisire, prima che vadano cancellati, i filmati delle telecamere pubbliche puntate su viale Giulio Cesare: c’è forse una versione dei fatti diversa da quella messa a punto dalla Digos, che gli indagati sveleranno al giudice delle indagini preliminari? Di sicuro i sei finiti in cella facevano parte di quella decina di sospettati fermati nella zona di via Tremana, dietro la Curva Nord, e poi portati in questura per i primi accertamenti. Ma le mosse della difesa saranno svelate solo oggi.

A prescindere dalle singole responsabilità la dinamica dei fatti è stata ricostruita. E sembra davvero difficile negare che non ci sia stata un’organizzazione dietro gli scontri. Il gruppo di fuoco è infatti apparso compatto, con un centinaio di persone, fin dal primo attacco a un cordone della polizia in via Baioni. Erano circa le 20.30 di sabato quando è iniziato un fitto lancio di bottiglie, pietre e bombe carta chiodate verso gli uomini in divisa. Poi il gruppo ultrà, nel giro di 20 minuti, è sembrato disperdersi, ma alcuni fuochi d’artificio sparati non lontano dall’incrocio di piazzale Oberdan (una chiara azione diversiva), hanno probabilmente distratto le forze dell’ordine, e il plotone dei supporter si è ricomposto passo dopo passo, fino a via Marzabotto e a via Fossoli, risalendo verso la Curva Nord: dall’elicottero un poliziotto avrebbe addirittura notato che lungo la strada gli ultrà si stavano riarmando di pietre o di altri oggetti contenuti nei cassonetti dell’immondizia.

Il secondo, violento attacco, è poi scattato all’altezza della Curva Nord, per scendere in viale Giulio Cesare e tentare nuovamente di raggiungere gli ultrà giallorossi, asserragliati sui pullman all’interno dell’area stadio. Un vero scenario di guerra, con tre auto delle forze dell’ordine devastate e cinque agenti feriti. I responsabili di quanto accaduto sono davvero Bonomi, Radaelli, Urgnani, Bonfanti, Pezzotta e Regazzoni? Nessuno di loro, in realtà, secondo gli inquirenti, avrebbe programmato quegli scontri, degni però di un’organizzazione para militare.

bergamo.corriere.it

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti