La Gazzetta dello Sport – Raiola: “Proposi Pogba alla Roma, ma Sabatini disse di no”

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“Il primo a cui lo proposi fu Sabatini. «Raiola, non mi proponi niente di buono». Mino Raiola lo confessa durante un’intervista alla Gazzetta dello Sport. La redazione del quotidiano sportivo chiama così la Roma da dove rispondono che è vero, ma Raiola aveva chiesto una commissione altissima.

«Come mi ha insegnato papà, dico: vendere e pentirsi è meglio che non vendere e pentirsi. Se non vendi Pogba non hai soldi per fare una squadra con cui vincere la Champions. Se vuoi tenerlo, devi fare una squadra così forte che poi Paul ci possa ancora crescere, ma se non lo vendi non hai i soldi per farlo. La cessione di Pogba va considerata a prescindere da quello che poi fai con i soldi. Quando la Juve vendette Zidane poi aprì un altro ciclo. Io per quanto tempo posso tenere ancora Pogba in Italia? Tutti hanno una carta in mano, bisogna vedere quando giocarsela. Quella del Psg è la più naturale: se ci vuole andare, chi gli può dire di no? Ma non so se è una carta da giocarsi adesso. E poi: Pogba alla Juve può restare ancora un anno? Il mio rinnovo era facile: non rinnovando avrei creato un problema alla Juve oltre che una debolezza a Paul: io voglio che chi lo compri creda in lui e lo strapaghi. E Paul se va via dalla Juve vuole farlo per andare al top. Quindi se non è quest’anno, sarà l’anno dopo. Intanto Paul è a un livello economico e di reputazione pari agli altri big, quindi può restare un altro anno. Vi faccio un esempio: se compri un titolo al 12% di interessi, l’investimento non è garantito. Quando la banca ti da lo 0,5%, allora sì che è garantito: se vuoi puntare sulle cose più alte devi rischiare. Volevi la sicurezza? Lo vendevi a 35-40 milioni l’anno scorso. Lui è l’unica grande stella disponibile in estate, se a qualcuno serve vedi come si scatena il mercato anche sopra i 100 milioni: se non puoi prendere Ronaldo, Messi o Ibra, puoi prendere solo lui. Il Real? Più dicono che non interessa, più mi fa piacere. Loro sono così: oggi dicono che non gli interessa, domani tolgono la corona dall’emblema… Un procuratore deve curare l’interesse del giocatore, e questo può anche coincidere con quello della società. Ma prima o poi devi scegliere. Per esempio: se per Pogba alla Juve il City dà 110 milioni ma il Real è a 80, dico a caso, e Paul sceglie il Real, tra me e la Juve sarà guerra. Lui è uno da Pallone d’oro, come Nedved».

Su Ibrahimovic: «Resta al Psg, sicuro. Ha ancora un altro anno, chissà che non rinnoviamo ancora. Con lui le decisioni vanno prese anno per anno. Intenzione di smettere? No. Fa un po’ il sarcastico a volte. Ma il Psg con lui è una cosa e senza di lui un’altra. E lì si capisce che i francesi non ha ancora un progetto definito: quando dipendi da un solo giocatore, non hai fatto progressi. Ibra merita il Pallone d’oro dieci volte più di Messi. Perché? Messi ha fatto quello che ha fatto solo a Barcellona, lui ha messo l’impronta in tutte le squadre in cui è andato. Non ha mai vinto in Europa? Dimenticate che è andato via dall’Inter quando poteva vincere la Champions. Ha sbagliato scelta, ma il suo sogno era di andare al Barcellona e ha seguito il sogno. Guardiola è uno str… come uomo ma un grande allenatore: è stato lui a convincerlo, quindi sarebbe dovuto essere il primo a proteggerlo, l’aveva voluto lui. Ha fatto un grande errore quando ha baciato la maglia del Barça, vero, ma lo ha fatto perché nella sua testa quello era l’ultimo contratto che voleva firmare. Con lui parliamo in inglese, però a quel paese mi ci manda in serbo. Anzi, ultimamente lo fa in italiano. È che ama l’Italia più di me. Anche il tipo di calcio, difficile e macchinoso, a lui piaceva. Un giorno dissi a Galliani: “Adriano, devi venderlo agli arabi, che sono gli unici che possono permetterselo”. Voglio bene a Galliani per questo: non agisce in maniera cattiva, ma da tifoso del Milan. E questo è anche il suo errore. A Zlatan dicevo: “Dobbiamo andare via”. E lui mi dava addosso. Il Milan nella sua testa era il Milan di Van Basten, uno dei suoi miti. Dopo la cessione era arrabbiatissimo con Galliani. Per due anni non si sono parlati. Poi hanno ripreso, ma con Ibra per fare pace ce ne vuole…».

Su Zeman e gli allenatori: «Zdenek non si è mai fatto il problema di far giocare un giovane. Lui se lo fa al contrario: “Quello è troppo vecchio, non corre”. Tra i miei allenatori top c’è di sicuro. Di Guardiola ho detto. Poi Zaccheroni, che a Udine fu il primo a giocare col 3-4-3. Mourinho? Un grandissimo nello sfruttare le potenzialità che ha, ha imparato la gestione da sua moglie che è psicologa. Ho un gran rispetto per i self made man, lui dal nulla è arrivato in cima al mondo. Forse ha una certa insicurezza per non essere stato un gran giocatore, ma la tattica dell’attaccare prima di essere attaccato gliela fa superare. Ancelotti? Di lui Ibra diceva: “Incredibile come ti gestisce con gentilezza”. Mancini? Zlatan di lui criticava il fatto che si adatta troppo all’avversario e non impone un sistema suo. E poi Conte. Per me è l’unico grandissimo allenatore in Italia. Allegri è più diplomatico, il dopo-Conte è perfetto per lui: la squadra ha già un dna, lui porta in dote un gioco più elegante e meno esuberante. L’ho seguito nella gestione di Pogba, Conte è un duro: se Balotelli dimostra un certo rendimento lo chiama, altrimenti no. E’ quello che oggi serve a Mario, non sarebbe giusto che lo convocasse mentre non gioca».

La Gazzetta dello Sport – G.Di Feo/C.Laudisa

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